29 Aprile 2024
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Afa

Miraggi, fantasmi, 
diafane e tremule figure 
in questa bolla d’afa 
si aggirano a cercare le ombre propizie
che dalle case si allungano 
deformi e fantastiche,  
e dagli alberi finalmente amici, 
aspettando la sera salvifica 
e la giovane brezza del mattino 
che il merlo annuncia zirlando.
Ma poi, il sole oltre la coltre
bianca e vaporosa, riguadagna il giorno
e lo si osserva affannati 
con mano a riparo e occhi feriti,  
impietoso astro di fuoco
fare il suo corso immemore
mentre, chinando il capo, 
le formiche pazienti e incuranti
in fila parallele continuano
il loro laborioso incedere.   


Tonino Sitzia

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4 Commenti

  1. Sono sempre interessanti i commenti e le riflessioni dettati da quanto si scrive sul sito di Equilibri (poesie, recensioni, riflessioni letterarie, storiche, scientifiche, racconti…e altro). In questo caso, dagli interventi di Marina e Gabriele, i protagonisti, da tre sono diventati quattro: il caldo torrido, l’uomo, le formiche e le cicale. Ma tutto sembra ruotare attorno ai cambiamenti climatici (il caldo) in corso, che ci colgono impreparati, indifesi al cospetto del sole inesorabile o delle nuvole rovinose, mentre le formiche e le cicale ne sono indicatori: le formiche amano il caldo e tendono ad aumentare di numero a livello globale, i maschi delle cicale si sono stancati di frinire per attirare le femmine…che fatica l’amore oltre 36°…e che fatica l’amore sotto i 22°… Come modello evolutivo, poi, ci serve “l’intelligenza organizzativa delle formiche, nostre sorelle terrestri” (come sosteneva Braibanti, “Il signore delle formiche”…) oppure il Canto delle cicale, che ci è indispensabile come il canto della Poesia? Oppure entrambe…

  2. E’ vero, Gabriele, non sentiamo più il frinire delle cicale che accompagnava le nostre lunghe e assolate giornate estive. Povere cicale, bistrattate fin dall’antichità! Vivono per anni sottoterra, in silenzio e al buio, per poi cantare solo qualche settimana sugli alberi, perché è la loro stagione dell’amore. E allora, cantiamo anche noi con Gianni Rodari:
    “Chiedo scusa alla favola antica
    se non mi piace l’avara formica
    io sto dalla parte della cicala
    che il più bel canto non vende… regala!”

  3. I versi di “Afa” sollecitano alcune considerazioni. Sulla poesia ha già detto bene Marina.
    Avete notato che nella grande afa, insistita e inquietante, di questi giorni, non si è sentito canto di cicala? A me manca tanto. Ricordo le estati di quando ero ragazzo, nei giorni di canicola, l’esteso e continuo frinire delle cicale che accompagnavano la grande calura e la rendevano più sopportabile.
    Nella nostra cultura “occidentale” guardiamo con occhio benevolo le instancabili formiche che mai cessano il loro lavoro, elevato ad emblema delle cose buone e positive: un mondo senza canto, dominato e sottoposto alla fatica del lavoro. Di contro esecriamo le cicale che fuggono il lavoro. E cantano, cantano: esempio da stigmatizzare. Sto con le cicale che cantano per cantare, semplicemente e nient’altro. Quanto detto comunque da prendere con “sale in zucca”.

  4. La descrizione di un giorno assolato quando, per effetto dell’afa e della luce accecante, tutto sembra immobile. Il poeta ci trasmette la sua inquietudine e pare anche a noi di sentire il calore, l’arsura , il bagliore che provoca un senso di affaticamento e di smarrimento.
    Nel giorno assolato e silenzioso, quando la vita sembra sospesa, soltanto le formiche laboriose sembrano non soffrire per l’afa e la calura proseguendo, instancabili, nel loro lavoro.

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