19 Marzo 2024
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Il 4 novembre a Elmas: il Monumento ai caduti

(Giuseppe Ungaretti)

Di che reggimento siete
fratelli?

Parola tremante
nella notte

Foglia appena nata

Nell’aria spasimante
involontaria rivolta
dell’uomo presente alla sua
fragilità

Fratelli

Di che reggimento, fratelli? Così cantava il poeta che ha conosciuto la guerra, la grande guerra, quella del 15/18, come si legge nei libri di storia.

Fratelli perché così si sta nella trincea, e fratelli sono anche i nemici che abbiamo combattuto, fratelli perché insieme siamo qui, noi caduti di Elmas, con i nostri nomi scolpiti nella pietra di questo monumento, collocato nel muro esterno del vecchio municipio, proprio di fronte alla statua di Sant’Antonio da Padova, meglio sarebbe dire da Lisbona, che fu francescano e uno dei sapienti della Chiesa.

La statua originariamente dava le spalle alla facciata della chiesa e guardava alla strada, a sa ruga dritta, quella della passeggiata de Su Masu, ora invece, dal 1978, è rivolta di lato e il santo sembra guardare proprio verso di noi, i caduti di Elmas della prima guerra mondiale. Ci guarda con sentimento di benevolenza, quasi come un padre, e ci fa bene la sua compagnia. Del resto lui predicava il francescanesimo, che educa alla povertà, alla non violenza e alla pietà, e diffida della retorica guerriera, quella che nel giro di due decenni condusse ad un nuovo e disastroso conflitto mondiale.

Qui con noi, in questo monumento di pietra, datato 1933, XII del fascismo, c’è anche, di sotto, la lapide con i nomi dei nostri fratelli vittime di Elmas della seconda guerra mondiale. Siamo 23 e loro sono 9.  Siamo 23 e quelle parolone scritte in nostro ricordo ci sembrano esagerate…di certo adatte i tempi di allora. C’è scritto: “ S’IMMOLARONO ALLA PATRIA NELLA GRANDE GUERRA E ALLA LORO MEMORIA I CONCITTADINI RICONOSCENTI QUESTO RICORDO DEDICARONO NOVEMBRE 1933 A XII.”

“S’immolarono per la patria”… Piuttosto, e fummo in tanti come si può vedere nei monumenti ai caduti presenti in tutti i paesi della Sardegna, andammo a combattere e morire per senso del dovere, verso uno stato ancora giovane, che non conoscevamo se non per le gabelle, le tasse e la coscrizione militare.

Eravamo, per gran parte, contadini analfabeti e onesti, ciascuno di noi ha la sua storia individuale, meritevole di essere conosciuta. Nelle schede militari già si può sapere quando siamo nati, dove e quando siamo morti, se in combattimento, per le ferite riportate  o per malattia.

Io sono SPADA GIUSEPPE, nato a Elmas il 6 aprile 1892, di Efisio, ero nel 231° reggimento fanteria, distretto militare di Cagliari, e sono morto il 18 giugno 1918 sul Piave, per le ferite riportate in combattimento. Avevo 26 anni, ero giovane e pieno di speranze, sono il 23° di questi miei fratelli, e per questo ho preso la parola a nome di tutti gli altri, sono l’ultimo in ordine alfabetico. Giovane sì, ma tra essi c’è anche qualcuno più giovane di me: Casula Giovanni, Casula Giuseppe e Pasqualino Contini avevano solo 20 anni; Mameli Antonio, Pusceddu Salvatore ne avevano 21, Palla Giovanni 22, Montis Angelo e Pibiri Raimondo 23. Tutti gli altri, tranne qualcuno, non superavano i 30 anni.     

Io sono morto il 18 giugno 1918, in quella che venne chiamata la “Battaglia del Piave” ma anche “Battaglia del Solstizio” che durò dal 15 al 22 giugno del 1918, in cui  combatté anche la Brigata Sassari” nella 33ª divisione del generale Carlo Sanna.  L’esercito italiano era comandato dal generale Armando Diaz, che aveva sostituito il generale Luigi Cadorna dopo la sconfitta di Caporetto. Avevamo il compito di tenere la linea del Piave, laddove “non passa lo straniero”, come recita la canzone.

Cosa posso dirvi di quella battaglia? Si combatteva e si moriva, a frotte, a
mucchi, in assalti all’arma bianca, una vera mattanza. Si moriva fucilati per diserzione. Fu un massacro insensato. Gli austriaci contarono 118.000 uomini tra morti, dispersi, feriti e prigionieri. Gli italiani 85.000. Il nemico venne rimandato oltre il Piave: nel fiume in piena morirono migliaia di austriaci.

La guerra è morte e dolore, sentite cosa dice CABRAS SALVATORE nato a Elmas il 7 ottobre 1888, figlio di Agostino, soldato semplice, I° reggimento granatieri, distretto militare di Cagliari, morto il 15 settembre 1916, nell’ospedale militare da campo n.235 per le ferite riportate in combattimento: sono morto a 28 anni. Che dite? Non ero troppo giovane per morire? L’ospedale militare 235, dove fui ricoverato,  era ospitato nel Collegio Salesiano “Astori” di Mogliano Veneto. Aveva 200 posti letto e qui, come me, erano ricoverati i feriti più gravi. Vi lascio uno stralcio dal diario dell’autista di ambulanze americano Chandler W. Murphy “Eseguiscono operazioni in un ospedale di emergenza a circa 750 metri dallo Smistamento e dove noi facciamo molte corse. Si porta dentro l’uomo in fretta e lo operano senza toglierlo dalla barella. E ciò se ne vale la pena, altrimenti lo portano a morire in una cantina. Oggi ne ho portato uno con la faccia tutta coperta di garza. Gli hanno dato uno sguardo e poi l’hanno portato a morire. Oggi un dottore dell’ospedale di Mogliano mi ha detto che ieri ha fatto 84 operazioni, 270 nelle ultime 96 ore. In nessun caso viene usato dell’anestetico. O non ce l’hanno o manca loro il tempo”.

Cosa posso aggiungere ancora, fratelli? Ricordare è un dovere ma se la fragilità, come dice il poeta, è la nostra condizione umana, perché la guerra, come l’abbiamo fatta noi e ancora oggi in tante parti del mondo.

Alcuni dati: Questi numeri non sono aride cifre, ma ciascuno rappresenta la storia di un sardo, dai giovanissimi ai più anziani, chiamati a combattere in una guerra lontana da casa che si trasformerà in un immenso mattatoio. Almeno 650 mila gli italiani morti nel conflitto, ma c’è chi sostiene oltre 700 mila. I sardi caduti – secondo l’Albo d’Oro ufficiale del 1938 custodito negli Archivi militari – sono 13.602, di cui 11.069 morti accertati, 2010 i dispersi e 523 gli scomparsi, in gran parte periti in mare nell’affondamento delle navi, sepolti da valanghe in montagna o deceduti in prigionia. Furono 1116 i sardi che non tornarono più dai campi dove furono reclusi dopo la cattura.

In occasione del 4 Novembre, Giornata dell’Unità nazionale e delle Forze armate, ad Elmas, tra gli interventi delle istituzioni e i canti della Schola Cantorum Villa del Mas, è stato letto il racconto dedicato ai caduti di Elmas, scritto da Tonino Sitzia

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