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I NERI CHE HANNO ROTTO LE BARRIERE:  CHI E’ RUBY BRIDGES?

Ruby Bridges nel primo giorno di scuola

Ruby Bridges nel 1960 è una bambina afroamericana di sei anni. Il 14 novembre 1960 è il suo primo giorno di scuola in una scuola per soli bianchi (la William Frantz School) a New Orleans. Quando entra in classe l’aula è vuota; gli insegnanti si sono rifiutati di fare  lezione a una bambina di colore e tutti i genitori si sono rifiutati di mandare a scuola i loro figli.

Ruby era uno dei sei bambini afroamericani che aveva superato il test d’ammissione a una scuola per soli bianchi grazie a una sentenza del 1954 che dichiarò anticostituzionale la divisione per colore della pelle nelle scuole. Questa sentenza, in un’America permeata di fortissimi pregiudizi razziali, scatenò le proteste e l’indignazione di chi non accettava la mescolanza di bianchi e neri e  si decise perciò di fare scortare la bambina da quattro agenti federali.

E infatti quando Ruby esce dalla scuola, la folla le lancia addosso degli oggetti, qualcuno  minaccia di avvelenarla; la bambina mangerà soltanto cibi cucinati a casa. Nel frattempo il padre viene licenziato,alla madre fu impedito di fare la spesa in determinati negozi, ai nonni furono tolti i terreni che lavoravano da anni come mezzadri. Grazie all’aiuto di un’insegnante, Ruby continuò a frequentare l’istituto anche se cominciò a soffrire di incubi perché in classe era sempre sola. Uno psicologo si offrì di aiutarla gratuitamente. Al secondo anno le cose cominciarono a cambiare: in classe comparve qualche bambino.

Uno degli agenti di scorta, Charles Burks, raccontò molti  anni  dopo che la bambina mostrò molto coraggio, non pianse mai e camminò sempre come un piccolo soldato. Il suo atto di coraggio e quello della sua famiglia ha aperto la strada al movimento per i diritti civili nel Sud degli Stati Uniti d’America.

Oggi Ruby è una signora di 66 anni, ha avuto quattro figli, ha ricevuto tre lauree “honoris causa”. Nel 2001 ha ricevuto la medaglia presidenziale dal Presidente Bill Clinton. Nel  2011 è stata ricevuta dal Presidente Barack Obama alla Casa Bianca dov’è conservato un quadro, dipinto nel 1964 dall’artista Norman Rockwell, che la ritrae bambina scortata dai quattro agenti federali. Il quadro si intitola “ The problem we all live with” (Il problema col quale tutti noi conviviamo).  La statua di Ruby Bridges bambina, con la cartella in mano, campeggia nella stessa scuola dove cominciò la sua battaglia nel 1960. Attualmente Ruby è presidente della Fondazione Ruby Bridges, fondata nel 1999 per “ promuovere i valori della tolleranza, del rispetto e  dell’apprezzamento di tutte le differenze”.

Marina Cozzolino

12 novembre 2020

 

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3 Commenti

  1. Questo articolo è esemplare, anche se racconta la vicenda di una singola bambina mostra chiaramente cos’è il razzismo, ma allo stesso tempo evidenzia anche la fierezza con cui è riuscita ad affrontare un mondo avverso avendo alla fine tanti riconoscimenti. Il razzismo non è necessariamente legato al colore della pelle, ancora oggi lo riscontriamo nei discorsi e nei comportamenti di purtroppo tante persone. Quando penso a queste ingiustizie mi ritorna in mente un episodio avvenuto all’ufficio immigrazione ad Albert Einstein.
    Quando arrivò negli Stati Uniti, gli impiegati gli chiesero di indicare su un modulo a quale razza appartenesse. Einstein spiazzò tutti scrivendo: «umana». Era il 1933 e lo scienziato fuggiva dalla sua Germania ormai in mano ai nazisti perché erano iniziate le persecuzioni contro gli ebrei come lui.

  2. Il razzismo “non è un risveglio contemplativo dei significati incisi nelle cose; è in sé una violenza che si dà la propria giustificazione: una violenza che si presenta come violenza indotta, contro-violenza e legittima difesa” (Sartre).
    Se il razzismo è “pratica”la foto di questa bambina lo è come emblema: la bambina è sola e non è festosa come tutti i bambini del mondo che escono da scuola, è sola in classe, è scortata da poliziotti bianchi, che la proteggono dagli stessi bianchi che potrebbero fargli del male, sullo sfondo, dietro il vetro della porta un poliziotto sorride in contrasto con la bambina che, serissima, guarda l’obiettivo.
    Quella stessa bambina da allora guarderà il mondo con lo stesso sguardo diritto, e le scuole da allora saranno frequentate da altri bambini, senza distinzione di colore. Era il 1960 (non tempi medievali…) ma ancora oggi il razzismo perdura negli Stati Uniti e nel mondo

  3. Asciuttezza e sintesi ammirevoli in questo articolo breve di Marina. Si tratta della storia sconcertante della bambina afroamericana Ruby Bridges. Indigna e commuove la vicenda della bambina ‘nera’ e delle persecuzioni cui fu oggetto la sua famiglia.
    La foto che accompagna l’articolo ritrae una figurina minuta (determinata, sì ma dall’espressione severa e preoccupata per ciò che l’attende) scortata a scuola da imponenti agenti federali. Entrerà sola in un’aula vuota per il boicottaggio dei genitori ‘bianchi’ dei bambini bianchi. All’uscita una folla la investiva di male parole, lanciandole addosso degli oggetti, come scrive Marina.
    Se non ricordo male, soltanto alla fine degli anni 50 i ‘neri’ poterono parzialmente accedere al diritto di voto. Si è nel sud segregazionista dove i ‘neri’ venivano massacrati da bande impunite di razzisti ‘bianchi’…

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