È affannato
il respiro della terra
-ventose fronde
Lo vedo steso
Reclamante il respiro
-Uccello ferito
Alito e soffio
Tra sussurri e sirene
-Respira il mare
Il respiro è il primo atto dell’uomo, e anche l’ultimo. Quando un bambino, cianotico, si affaccia al mondo, sa levadora o chi per lei gli dà una robusta sculacciata per il suo primo respiro. Non poteva che essere una donna a farlo, perché la vita è un dono materno.
E quando si esala l’ultimo respiro, sono le donne che cantavano i lamenti per elaborare il lutto.
Mai come in questi giorni il respiro è stato al centro dell’attenzione: “Mancano i respiratori”, si sentiva il concitato lamento dei medici, e quando i polmoni compromessi dal virus non ce la facevano, “dobbiamo intubare”, ma le terapie intensive non bastano per tutti, e dobbiamo scegliere…
E poi quando la bufera è passata si sentiva in giro “finalmente possiamo uscire a respirare”, “finalmente una boccata d’aria”, tutti a esaltare questo atto elementare, anche quelli che ritengono che l’inquinamento atmosferico sia una conseguenza da poco, rispetto al moloch del Progresso a tutti i costi, del “capitalismo senza alternative”, anche quelli che non credono ai cambiamenti climatici in atto, quelli che quando si devono prendere le decisioni le rinviano in nome del presentismo senza memoria e senza futuro, anche quelli che non credono alla Scienza eppure “quando manca il respiro” le danno tutti i poteri, salvo poi relegarla nei laboratori quando tutto sarà passato.
“I can’t breathe” si lamentava George Floyd in quei lunghissimi 9 minuti di agonia sotto il ginocchio del poliziotto americano. “Non posso respirare”, un diritto elementare ma non per gran parte dell’umanità diseredata in tante parti del mondo.
Tonino Sitzia
1 giugno 2020
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