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Mariangela Sedda: “La cancellazione”, Il Maestrale 2018

Cagliari  31 ottobre 1926, quarto anno dell’era fascista, ore 22,30. L’avvocato Emilio Lussu percorre la via Manno in direzione di Piazza Martiri, dove abita, dopo aver cenato in una trattoria del Corso Vittorio Emanuele. “L’uomo di Armungia – secondo la testimonianza dell’allora diciassettenne Giuseppe Dessì, il futuro autore di Paese d’ombre, che si trovava in quel momento a percorrere la stessa strada – solo davanti alla folla camminava senza fretta, col lungo passo di montanaro”. Le avanguardie di quella folla lo seguono e urlano…Col pizzetto di Lussu faremo spazzolini per pulire gli scarpini a Benito Mussolini.

Lussu non sa che poche ore prima a Bologna Anteo Zamboni aveva attentato alla vita del duce scatenando in tutta Italia una ondata immediata di rappresaglie e violenze squadriste contro oppositori e personalità che non si erano ancora allineati al “nuovo che avanza”, quel nuovo che aveva mostrato il suo volto con l’assassinio di Giacomo Matteotti (10 giugno 1924). Nel giro di tre ore la notizia era arrivata a Cagliari

Lussu entra a casa sua. Gli assalitori sfondano la porta di ingresso che dà sulla strada, salgono di un piano e tentano di forzare inutilmente la porta dell’abitazione. Dall’esterno qualcuno, il ventiduenne ferroviere Battista Porrà, si arrampica sul lato alto della vetrina di un fotografo e afferra la ringhiera del balcone di Lussu, che dall’interno spara sull’assalitore. Fulminato da un proiettile alla tempia sinistra Porrà precipita al suolo.

Arrestato per omicidio e giudicato da un apparato giudiziario ormai asservito al fascismo, senza alcuna considerazione  del diritto alla legittima difesa sancito dal codice penale, Lussu trascorrerà circa un anno nel carcere di Buoncammino, dal 1/11/1926 al 17/11/1927.

Questa è la storia, ma i romanzi storici, come Manzoni insegna, si devono occupare di verosimile, cioè di quanto verosimilmente i personaggi, gli uomini e le donne, collocati in un determinato contesto storico, abbiano provato, di come hanno reagito alle vicende che li vede protagonisti.

È questo il tema di fondo de “La cancellazione”, l’ultimo romanzo di Mariangela Sedda edito da “Il Maestrale” (2018). La scrittrice ripercorre da par suo quell’anno di prigionia di Lussu, collocandolo in una Cagliari umida, ventosa, levantina, con i suoi colli e i suoi stagni, la sua luce, i suoi bastioni, i suoi quartieri de Castedd’e susu e i suoi bassi popolari, is muccosus e is piccioccheddus de crobi, sa musca e su su sinzu, is piscadoris e is tzeraccas, ma anche i suoi primi cinematografi e teatri. lo stabilimento balneare “alla moda” in  cui la borghesia cagliaritana celebrava i suoi riti, i suoi balli, tra mostrine di ufficiali della marina  che attiravano gli sguardi delle signore e delle ragazze, con lo sfondo della sabbia bianchissima, della Sella del Diavolo, con lo stridìo delle carrozze tranviarie.

Di questa media borghesia, vera ossatura del futuro regime, fa parte il “Consigliere Istruttore”, protagonista del romanzo, il magistrato che è stato amico e compagno di studi di Lussu, di cui conosce e riconosce la dirittura morale e la coerenza, lui che, invece, ha fiutato il vento e si è prontamente schierato con il fascismo.

Il “Consigliere Istruttore” ci tiene alle maiuscole e alla segretaria dattilografa, riferendosi a Lussu, che aveva a sui dire tradito gli interessi della Nazione, rimarca la necessità di quella N su cui non si può transigere. Del resto la Nazione gli dà Prestigio, gli consente di tenere alto il livello di vita con la moglie in dolce attesa, e gli permette di avere sa serbidora Bonarina, che sa come cucinare su pisci friscu de su mar’e Casteddu, e sa fregula cun sa cocciula.

È lui che deve notificare al prigioniero la “Cancellazione” dall’albo degli avvocati, conseguente ai fatti del 31 ottobre, una cancellazione  che era un atto politico voluto da Mussolini per colpire non tanto il giurista Lussu quanto l’uomo, il pericoloso antifascista. E Gramsci, appena un mese dopo (26 novembre 1926), sarebbe stato arrestato per le stesse ragioni nonostante l’immunità parlamentare.

Il solo pensiero di dover incontrare “l’amico” Emilio lo turba, ne sconvolge la quotidiana routine, lo fa sudar freddo, e nello stesso tempo ne sollecita un certo orgoglio, quello di chi è arrivato a posizioni di potere fiutando l’aria che tira, e da che parte spira il vento della Storia. Lui lo sa di che pasta è fatto Emilio: non si piegherà mai. Seppure malato e tisico, non riconoscerà mai la sua colpevolezza, non riconoscerà mai il fascismo. È troppo altezzoso e superbo…peggio per lui!

Il trasformismo, si sa, è una delle malattie e delle costanti della storia individuale e collettiva d’Italia, di estrema attualità ancora oggi, e Lussu, come Gramsci, costituiscono modelli di coerenza morale difficilmente imitabili. Eppure Mariangela Sedda non cade nella schematica retorica degli eroi buoni e cattivi, e Maria Giacobbe nella sua interessante prefazione si pone la domanda delle ragioni dei vincitori di allora, delle giustificazioni alle vigliaccherie e ai tradimenti, perché Giuda, da sempre “poverino, aveva famiglia”.

 

Luglio 2018

 

Recensione a cura d Tonino Sitzia

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1 commento

  1. Ho riletto di recente “Il cavaliere dei Rossomori” di Giuseppe Fiori, libro nel quale la figura di Lussu è davvero quella di un cavaliere antico, sempre in lotta, un uomo limpido e con la schiena dritta.
    Un grandissimo uomo che le nuove generazioni dovrebbero conoscere.

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