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13 Dicembre 2024
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Un’intervista impossibile. Colloquio con Don Gabriele Asquer, Su Bisconti – II capitolo

Immagine: Mola per la spremitura delle olive, Museo dell’olio della villa Asquer di Tuili

Don Gabriele Asquer tornò sui suoi passi – Lei mi sembra più curioso che colto, più avventato che prudente, spara nel mucchio e usa le parole come una clava, e le parole per me hanno un peso – Forse lei non conosce la Storia della Sardegna precedente al periodo sabaudo…oppure lei è un uomo d’azione che non ha avuto il tempo per studiare il passato… – Lei, tra le altre cose, è anche insolente e presuntuoso, per Dio…certo che conosco la storia della Sardegna, anzi si può dire che io, con mio fratello, abbiamo fatto la Storia della Sardegna – Ora è lei ad essere presuntuoso…e mostra anche un certo orgoglio di casta che è tipico delle famiglie di origine nobiliare – Lei ama le schermaglie verbali perchè ha paura delle schermaglie con spada o sciabola…per le quali c’è ancora tempo! – Su questo ha ragione…ma la prego mi parli di lei, della sua famiglia…Noi non abbiamo niente a che fare con gli spagnoli, e neanche con i nobili in senso proprio, anzi la loro supponenza e il loro parassitismo sono l’esatto contrario di quello che noi siamo stati. Siamo di origine ligure, di Alassio per la precisione, e abbiamo nel sangue la laboriosità di quelle genti. Il nostro capostipite Stefano Ascheri, commerciava in cereali e fabbricava steariche quando giunse a Cagliari, insieme ad altre famiglie liguri, tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo. Fu Filippo IV di Spagna che spagnoleggiò il nostro cognome in Asquer quando, nel 1640 concesse al mio avo Giovanni Battista Asquer il Cavalierato, la Nobiltà, e lo Stemma… – Presumo che lo stemma fosse accompagnato da un motto… – Stavo per dirlo, ma lei con la sua impertinenza mi ha interrotto. Il motto infatti è “Generosi patrata virilia, sistendo demonstrat”, che significa, poiché ho la sensazione che lei mastichi poco il latino, “Gli atti virili del generoso si manifestano con la fermezza” – Dunque la sua famiglia ha acquistato il titolo nobiliare… – Con i soldi e con le nostre capacità mercantili e manifatturiere…il nostro essere nobili ricorda più la gentry inglese che la nobiltà spagnola… – Senta Don Gabriele, lei ha affermato che, con suo fratello, avete fatto la Storia della Sardegna. Ora, non me ne voglia, mi pare un’affermazione esagerata… -Perbacco…torno a dire che lei è più curioso che colto… oppure i libri di storia parlano e straparlano di Giovanni Maria Angioy e dimenticano di rendere merito a quelli che, con lui, hanno condiviso quei sogni rivoluzionari… – Non mi dica che lei, e suo fratello, avete conosciuto l’Angioy…- Certamente, ma fu soprattutto il mio amato e sfortunato fratello maggiore, il visconte di Flumini Francesco Maria Asquer, che ebbe una parte di rilievo nei fatti straordinari che accaddero in Sardegna tra il 1793 e il 1796. Le ricordo che in quel breve lasso di tempo ci furono il tentativo, respinto, di invasione francese, la cacciata dei piemontesi, i moti antifeudali del 1795/96 guidati dall’Angioy. Come vede qualcosa di Storia della Sardegna, seppure limitata a quel periodo, la conosco anch’io…per averla vissuta! – Dunque suo fratello era una testa calda… – Mio fratello, per il suo rango, faceva parte dello Stamento militare, vi ricopriva la carica di Colonnello di artiglieria, era dottore in leggi, e fu tra quelli che, il 3 gennaio 1793, nella sagrestia della Chiesa del Monte, convocò gli altri nobili. In breve riuscirono a mettere a disposizione di quelli imbelli dei piemontesi, in primis il pavido e titubante vicerè Balbiano, 4000 uomini delle più diverse classi sociali, che ebbero il merito di respingere l’attacco francese. Quanto alla testa calda… come lei dice, certo aveva un carattere impetuoso e ardimentoso, tanto che veniva chiamato “Buttafuoco”…- Ora capisco alcuni tratti del suo carattere…anche lei non mi pare molto pacato… – Non erano tempi per margheritine…il vento della Rivoluzione Francese era arrivato anche da noi…ed era foriero di tempesta – Però avete cacciato i francesi dell’ammiraglio Truguet… – Il suo era solo un tentativo di pura annessione alla Francia, pensavamo poi che la lealtà dei Sardi sarebbe stata ripagata dai Piemontesi, invece respinsero le Cinque Domande degli Stamenti…mi dica lei se mio fratello, e tutti quelli che avevano rischiato la vita nella difesa di Cagliari, non dovevano “infiammarsi” contro di loro, anche se, in verità fu lui, tra gli altri, a garantire la loro incolumità in sa dì de s’acciappa, e proteggere il loro imbarco. – Lei, e soprattutto suo fratello, siete stati sospettati dai piemontesi di giacobinismo e di idee repubblicane, come l’Angioy… – Ma lasci perdere…per loro erano giacobini tutti coloro che non portavano i capelli incipriati e il codino…quando esplosero i moti antifeudali, si cantava a terra su dispotismu, gherra gherra a s’egoismu riferendoci sia ai feudatari come ai piemontesi.
Torniamo a questo luogo…di cui lei, don Gabriele Asquer, si sente orgogliosamente proprietario… – Certo…questo territorio, dove io ho piantato tutti questi alberi e costruito la casa padronale, si chiama Pixina Matzeu… – Mi scusi…ma noi, da generazioni, a Elmas, Monserrato, Sestu, Assemini, lo chiamiamo “Su Bisconti” – È una bubbola, una ciancia, magari tra gli incolti abitanti di questi paesi è passata l’idea del “bosco del conte”, o, più verosimilmente, essendo io in tutti i documenti aventi valore legale citato come “Cavalier Don Gabriele Asquer dei Visconti di Flumini” , per essi era il territorio “de su bisconti”, poi nella tradizione orale, e successivamente anche in qualche carta, è diventato Su Bisconti, accorpando in qualche modo proprietà e luogo. (Continua a leggere)

Tonino Sitzia

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