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8 Ottobre 2024
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Dalla cronaca alla riflessione









In questi giorni con la pandemia sempre in primo piano, è venuta in evidenza anche la notizia internazionale della conquista di Kabul in Afganistan ad opera dei Talebani. Un poco frastornato dall’invadenza comunicativa (telematica, radiofonica, stampata) di esperti, di filosofi, di scrittori, di psicologi, di giornalisti, ho cercato scampo e soccorso riandando alle pagine dei “Quaderni del carcere” di Antonio Gramsci.

Che cosa è l’uomo? Domanda prima e principale della filosofia, che potrebbe oggi, con un’alzata di spalle, far sorridere – beh lasciamo stare! (Se si ha il sospetto di metafisiche e di misteri ultimi dell’esistenza). Ma leggo Gramsci: “in ogni singolo uomo si può trovare che cosa è ogni singolo uomo”. Insomma ci si perde senza venirne a capo. Anche perché nota Gramsci: “ogni singolo uomo significa che cosa è ogni singolo uomo in ogni singolo momento”. Se ci pensiamo allora la domanda sottintesa è “che cosa l’uomo può diventare”. Essendo egli in continuo divenire. 
 
“L’uomo è un processo e precisamente il processo dei suoi atti”.

La religione cattolica pone la causa del male nell’uomo stesso individuo ben definito e limitato. Il male è affrontato dalla religione come insito nell’animo d’ogni singolo individuo. Il male e il bene albergano entrambi nel cuore dell’uomo. Con l’aiuto della Chiesa, con la fede e la preghiera è così che si deve far prevalere il bene. Tutte le filosofie prima di Marx concepiscono l’uomo “come individuo limitato alla sua individualità; occorre, invece, concepire l’uomo come una serie di rapporti attivi.” Un processo, appunto. L’umanità che si riflette in ogni individualità è composta da l’individuo stesso, gli altri uomini, la natura. “l’uomo cambia se stesso, si modifica, nella misura in cui cambia e modifica tutto il complesso dei rapporti di cui egli è il centro di annodamento”.

Alcuni mali.

La povertà – l’indigenza è fatto sociale, attiene ai rapporti sociali che intercorrono tra gli uomini, e in questo contesto va affrontata. Andando alla radice delle cause, modificando i rapporti sociali che la determinano. Risolutive non sono le azioni filantropiche o caritatevoli, seppure in certe situazioni di emergenza possono alleviare il male.

La violenza -  che tanto imperversa e ci spaventa e inquieta, è anch’essa fatto sociale e non male ab origine  della ‘natura’ umana. Nasce dall’intrico e dal complesso degli attuali rapporti sociali.

La guerra.

Si sente dire che le cause della guerra sono la malvagità, la cupidigia, la violenza, l’egoismo dell’uomo.  Non è la  guerra  a dipendere da questi mali, ma essa ne è la causa. Però la guerra, a sua volta, dipende da altre cause che sono di carattere economico e sociale: risposta a pressioni demografiche ed ecologiche; scontro per l’accaparramento o il controllo delle risorse, specialmente di quelle energetiche; controllo ed espansione di siti e aree mercantili. Le ultime guerre che l’Occidente ha scatenato in Afganistan e poi in Irak sono state rivestite e presentate come Missioni civilizzatrici; come la liberazione di popoli ai quali veniva portata la nostra democrazia, dopo lo scempio della popolazione e l’immane distruzione di quelle terre. Noi italiani ci siamo distinti chiamando la nostra guerra “missione di pace”. Con buona pace della Carta Costituzionale.

“La ricchezza dell’occidente” – scrive Giovanni Arrighi su capitalismo e (dis)ordine mondiale – “non può essere generalizzata perché si basa su processi relazionali di sfruttamento ed esclusione che presuppongono la riproduzione continua della povertà relativa della maggioranza della popolazione mondiale” Si tratta, nelle relazioni internazionali, di quelle forme imperanti di ‘neocolonialismo’ finanziario.

Mali naturali.

È vero che ci sono mali ‘naturali’, non dipendenti dall’uomo, come i terremoti, le eruzioni vulcaniche, le alluvioni, le malattie. Ma è altresì vero che questi fenomeni trovano spesso un terreno favorevole, lasciato o preparato dall’uomo, per potenziare oltremodo le loro capacità distruttive. L’organizzazione delle nostre società, il nostro modo di vivere, ha favorito anziché contrastare, o ancor meglio prevenire, le malattie e i virus. Il concepire le strutture sanitarie come delle mere aziende ha determinato lo smantellamento di interi presidi articolati su tutto il territorio. Ancora, quanti soldi si spendono per la ricerca medico-scientifica? Ecco allora che i virus hanno campo libero; così come lo hanno a seconda del grado e qualità della nostra antropizzazione. E così è per la cura del suolo che riceverà il nubifragio; e per l’innalzamento del clima, causato dalle nostre attività, che darà luogo a fenomeni meteorici estremi.
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