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“Ausmerzen, vite indegne di essere vissute” di Marco Paolini – Recensione di Tonino Sitzia

“Hai tu o io il diritto alla vita finché noi siamo produttivi, finché siamo ritenuti produttivi da altri? Se si ammette il principio, ora applicato, che l’uomo improduttivo possa essere ucciso, allora guai a tutti noi quando saremo vecchi e decrepiti. Se si possono uccidere esseri improduttivi, allora guai agli invalidi che nel processo produttivo hanno impegnato le loro forze; le loro ossa sane le hanno sacrificate e perdute. Guai ai nostri soldati che tornano in patria gravemente mutilati, invalidi.. Abbiamo forse il diritto di vivere solo finché siamo produttivi, solo finché altri ci riconoscono come produttivi? Nessuno è più sicuro della propria vita”
Sono questi le parole che il vescovo di Münster, cardinale Clemens August Von Galen pronunciò dal pulpito Il 3 agosto 1941, e che vengono poste al centro del libro di Marco Paolini “Ausmerzen, vite indegne di essere vissute” (Einaudi 2012).

Il libro è stato presentato a Elmas il 25 febbraio scorso da Mario Paolini e dallo scrittore Fabrizio Lo Bianco, nell’ambito delle iniziative per il Giorno della Memoria 2016, organizzate dal locale Circolo dei Lettori, dalla RP Sardegna Onlus, in collaborazione con l’Amministrazione comunale.
Von Galen, il leone di Münster, fu tra i pochi a denunciare pubblicamente e coraggiosamente lo sterminio dei disabili e dei malati di mente, scientificamente organizzato a partire dalla primavera del 1940 in una palazzina di Berlino, requisita ad un ebreo, in via del Giardino zoologico numero 4, Tiergartenstraße 4, da cui il nome in codice per l’operazione di eutanasia nota come Aktion T4.
L’Action 4 non fu altro che l’epilogo tragico e drammatico di una escalation di orrori che erano cominciati nel 1934, e proseguita fino al 1939, con la Sterilizzazione di massa di tedeschi “geneticamente inaccettabili” (si calcola che oltre 400.000 siano state le persone sterilizzate in Germania in quel lasso di tempo), e che erano continuati con lo sterminio dei bambini disabili (non si conosce esattamente il numero, ma furono sicuramente migliaia).

Marco Paolini parla della tragedia dei bambini nel capitolo sedici: “i medici di famiglia sono stati un cavallo di Troia formidabile per lo sterminio dei bambini della nazione”. Sì perché “mentre per gli adulti ricoverati firmavano i direttori degli istituti, per i bambini firmavano i genitori”. I bambini disabili venivano “affidati” dai genitori ai medici del progresso, che ne carpivano la firma e la buona fede. I medici, depositari di una circolare segreta di Leonardo Conti, medico ticinese responsabile del programma di Eutanasia dei disabili e malati di mente del terzo Reich, suicidatosi nel carcere di Norimberga nel 1945, dovevano informare i genitori della necessità di affidare i propri figli allo Stato, minimizzandone il più possibile i rischi, ed esaltando l’utilità dei trattamenti a cui sarebbero stati sottoposti, nel nome della ricerca e del progresso della medicina. Dopo di che i bambini sparivano per sempre nel buco nero dello sterminio (sotto l’Action 4 morirono più o meno ufficialmente 5000 bambini).

Mario Paolini, che da più di 25 anni si occupa di persone con disabilità intellettuale, ha curato con Michela Signori un Taccuino di lavoro allegato al DVD di Ausmerzen che raccoglie undici saggi che descrivono dal punto di vista psichiatrico e storico la condizione dei malati di mente nei giorni del regime e dell’operazione T4. Paolini nel corso dell’incontro ad Elmas ha raccontato la vicenda di Ernst Lossa, un bambino zingaro che oggi noi definiremo “difficile”, o “insofferente alle regole” “rompiscatole”, ucciso a Irsee, braccio della morte della clinica psichiatrica di Kaufbeuren in Baviera dopo quindici mesi di torture. Oggi a Losse è dedicato il Museo del Giocattolo di Napoli. Nel sito del Museo si legge “Ernst è il simbolo di un’infanzia negata e, più in generale, della violenza contro il diverso, specie se debole”.

L’eliminazione dei disabili anticipò Auschwitz e ne costituì le prove generali. È con l’Action 4 che si sperimentano le camere a gas per eliminare le “vite indegne di essere vissute”. È con l’Action 4 che il folle connubio tra purezza della razza e guerra si realizza: fu Hitler in persona che firmò l’avvio del progetto nell’ottobre del 1939 , ma facendolo retrodatare al 1 settembre, data di inizio della Seconda Guerra Mondiale con l’invasione tedesca della Polonia. Fu sempre Hitler, sotto la pressione dell’opinione pubblica, a sospendere l’operazione il 24 agosto 1941, ma essa proseguì in segreto con la Aktion 14F13 fino alla Shoah dal 1942 al 1945.

Berlino, La palazzina al Tiergarten-4 sede dell'Action T4
Berlino, La palazzina al Tiergarten-4 sede dell’Action T4

Tutto chiaro dunque? Sembrerebbe di sì, se si semplifica la Storia con una comoda divisione tra buoni e cattivi, meglio ancora se il cattivo prende le sembianze di un uomo con i baffetti e la voce gutturale, emblema del Male assoluto.
Purtroppo le cose sono più complesse e ci investono in prima persona. Mario Paolini nello scritto a conclusione di “Ausmerzen” scrive “Ausmerzen è un viaggio che si percorre per un sentiero che par quello di Dante nell’Inferno, fino all’orlo di un abisso…è un viaggio allucinante dentro noi stessi, con un bagaglio crescente di dubbi, di domande difficili, di analogie con altri fatti, con la quotidianità di ogni giorno”.
Già il tarlo del dubbio ci viene quando medici che devono curare utilizzano la scienza per eliminare i più deboli e i più bisognosi di cure, su ordine dell’Autorità o dello Stato. Poi il dubbio si fa inquietudine quando Konrad Lorenz il Premio Nobel per la medicina nel 1973, scriveva nel 1940 “Dovere dell’eugenetica, dovere dell’igiene razziale deve essere quello di occuparsi con sollecitudine di una eliminazione di esseri umani moralmente inferiori più severa di quanto sia praticata oggi”; ma già Platone (nella Repubblica, III), due millenni prima, nello stato ideale da lui prefigurato si rivolgeva ai medici “curino quei cittadini che hanno una sana costituzione e, quanto agli altri, lascino morire gli individui che sono portatori di tare fisiche e addirittura sopprimano di propria mano quelli che hanno malattie psichiche ereditarie e incurabili”.
Siamo tra due dei massimi filosofi della razionalità occidentale, quella su cui ci siamo formati.

Ancora scendendo negli abissi dell’Inferno scopriamo che il termine Eugenetica venne coniato dallo scienziato inglese Francis Galton, cugino di Charles Darwin, che nel 1869 pubblicò un libro, Il genio ereditario, in cui affermava che “È possibile produrre una razza altamente dotata attraverso opportuni matrimoni nell’arco di più generazioni”, e ancora che l’idea della sterilizzazione delle persone ai fini della difesa e del miglioramento della razza sono nate negli Stati Uniti alla fine dell’’800, dove i malati di epilessia o affetti da malattie mentali potevano essere sterilizzati e impediti a contrarre matrimoni. Questi divieti e i progetti di sterilizzazione ben presto vennero estesi agli immigrati, adottati da diversi Stati americani fino al varo dell’Immigration Act del 1924 che ridusse del 50% il numero di immigranti accettati in USA e introdusse criteri di ‘selezione eugenetica’ per i nuovi cittadini.

Ripensando alle parole del vescovo di Munster “Se si ammette il principio, ora applicato, che l’uomo improduttivo possa essere ucciso, allora guai a tutti noi quando saremo vecchi e decrepiti” al fondo dello sterminio dei disabili e dei malati di mente vi è il criterio produttivistico dell’uomo merce.
Nel 1933, ancora sotto gli effetti della crisi del ’29, in Germania i nazisti, appena arrivati al potere, alimentano una loro aritmetica produttivistica: quanto costa un disabile allo Stato? Quanto costa curare un bambino malato? Se queste “vite indegne di essere vissute” fossero soppresse, quali vantaggi per tutta la società?
Oggi, nel 2016, si sentono in giro domande del tipo “Perché gli immigrati vengono ospitati in alberghi a tre stelle?” “Quanto ci costano i centri di accoglienza?” “Quei bambini, figli di zingari, non pagano la retta al comune, dunque fuori dai “nostri asili!”, oppure ancora oggi, 2016, i disabili e i malati vengono picchiati e maltrattati nelle case chiuse di diverse RSA.
Allora il libro di Paolini si fa attualità, e l’inquietudine della lettura provoca più di qualche brivido.

Recensione a cura di Tonino Sitzia
Marzo 2016

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