2 Maggio 2024
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Le interviste impossibili: incontro con Piero Calamandrei

Intervista a Piero Calamandrei su Scuola e Costituzione

On. Calamandrei, da qualche parte dell’universo lei ci sta osservando. Certamente è attento “alle cose del mondo” e alle cose d’Italia, come lo era sempre quando…
– Quando ero in vita…non si preoccupi…avendo una visione laica della vita come della morte so bene che noi ci collochiamo in un flusso continuo di creazione e distruzione…e, per dirla con Foscolo “Ove piú il Sole per me alla terra non fecondi questa bella d’erbe famiglia e d’animali “ di noi non resta che il ricordo nei pensieri dei nostri cari, nelle nostre opere e nei nostri scritti…piuttosto la prego di non chiamarmi onorevole
Lei è uno dei nostri padri costituenti…
– Lo immaginavo… non mi chiami neppure padre costituente, come se la Costituzione Italiana, quella che tutti definiscono tra le migliori del mondo, sia nata a tavolino dall’elaborazione astratta di intellettuali, definiti appunto come padri…
Volente o nolente lei è un padre costituente…
– Non mi ha capito…dopo vent’anni di dittatura e dopo una guerra rovinosa noi abbiamo tradotto sulla carta una certa idea di stato, di rapporti sociali ed economici, di diritti e doveri tra istituzioni e cittadini, che erano maturati nelle prigioni fasciste, nella clandestinità e finalmente nella Resistenza…e che posso sintetizzare nelle idee di libertà, eguaglianza e giustizia. Dunque la nostra è una Costituzione repubblicana e antifascista…e poi, a proposito dei padri costituenti, io diffido delle formule che ingessano i concetti…e anche la Costituzione è stata ingessata come in un monumento; in realtà essa è in parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno di lavoro da compiere
Onorevole Calamandrei…
– Mi lasci finire,la prego…voglio spiegare quanto stavo dicendo, sa, io sono un giurista e ci tengo alla chiarezza… voglio dire che c’è in diverse parti della nostra costituzione una polemica contro il presente, contro la società presente. Perché quando, per esempio, l’art. 3 vi dice: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana» riconosce con questo che questi ostacoli oggi vi sono di fatto e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la costituzione, un giudizio polemico, un giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale, che la costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani.
Onorevole…
– Le ho chiesto di non chiamarmi onorevole, potrebbe chiamarmi avvocato, ma preferisco che mi chiami professore, non per darmi arie di chissà quale sapienza, soprattutto ora che in questo al di qua i titoli hanno più che mai un valore aleatorio, ma perché io sono stato un uomo di scuola e la scuola per me è uno dei pilastri vitali della società, di qualsiasi società
Ecco… dal suo particolare osservatorio, che le consente di viaggiare nel tempo, e staccato da ogni polemica contingente, cosa mi dice delle varie riforme della scuola attuate dai diversi governi che si sono succeduti nella storia della Repubblica?
– Questo è un argomento che mi sta molto a cuore. Vede già quando la parola riforma viene associata al nome di un singolo ministro, con la retorica del “la riforma del signor tal dei tali…” la parola, che pure ha una sua valenza e forte connotazione, si sminuisce, diventa caduca…un fiore all’occhiello di qualche ministro mediocre, o di qualche compagine governativa, ma un fiore destinato presto ad appassirsi.
Dunque la scuola non è riformabile?…
– Se guardo alle cose fatte negli ultimi cinquant’anni, forse una sola, vera Riforma, è degna di questo nome, la Scuola Media Unificata del 1962, quella che innalzava l’obbligo scolastico, e la sua gratuità, a 14 anni per tutti. Questa legge aveva un forte ancoraggio costituzionale, che vorrei richiamare citando a memoria l’art. 1. “Fini e durata della scuola. In attuazione dell’art. 34 della Costituzione, l’istruzione obbligatoria successiva a quella elementare è impartita gratuitamente nella scuola media, che ha durata di tre anni ed è scuola secondaria di primo grado. La scuola media concorre a promuovere la formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e favorisce l’orientamento dei giovani ai fini della scelta dell’attività successiva”.
Ogni riforma della scuola deve quindi avere come riferimento la Costituzione…
– Ho sostenuto che la scuola, come la vedo io, è un organo “costituzionale”. Ha la sua posizione, la sua importanza al centro di quel complesso di organi che formano la Costituzione. Come voi sapete (tutti voi avrete letto la nostra Costituzione), nella seconda parte della Costituzione, quella che si intitola “l’ordinamento dello Stato”, sono descritti quegli organi attraverso i quali si esprime la volontà del popolo. Quegli organi attraverso i quali la politica si trasforma in diritto, le vitali e sane lotte della politica si trasformano in leggi. Ora, quando vi viene in mente di domandarvi quali sono gli organi costituzionali, a tutti voi verrà naturale la risposta: sono le Camere, la Camera dei deputati, il Senato, il presidente della Repubblica, la Magistratura: ma non vi verrà in mente di considerare fra questi organi anche la scuola, la quale invece è un organo vitale della democrazia come noi la concepiamo. Se si dovesse fare un paragone tra l’organismo costituzionale e l’organismo umano, si dovrebbe dire che la scuola corrisponde a quegli organi che nell’organismo umano hanno la funzione di creare il sangue…
In che senso la scuola è un organo vitale della democrazia?…uso le sue testuali parole…
– Vede la democrazia, tramite la scuola, deve permettere ad ogni uomo degno di avere la sua parte di sole e di dignità…deve garantire uguaglianza e pari opportunità. Del resto è quanto recita l’art 34della Costituzione, in cui è detto: “La scuola è aperta a tutti. I capaci ed i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”
Professor Calamandrei…è di grande attalità, qui da noi, la discussione sulla “Buona Scuola”, introdotta dall’attuale governo…non so se lei ha avuto modo di seguirne gli sviluppi…
– Ecco vede…a me non piacciono gli aggettivi affiancati alla scuola…La scuola…, lei ricorda le parole della “Lettera a una professoressa” dei ragazzi di Barbiana?
Non ricordo…mi pare fosse un libro contro la scuola, e contro i professori…
– Ricorda male, era una dichiarazione d’amore alla scuola e alla bellezza dell’insegnamento… le parole erano “la scuola sarà sempre meglio della merda”…intendeva dire che la scuola è di per sé un valore…per questo il bollino “Buona” scuola non mi piace…
A suo parere quindi non ci sono aggettivi da affiancare alla scuola, per definirla o darle un senso…
– L’unico aggettivo che mi sento di aggiungere alla parola scuola è “democratica” .
Una scuola democratica, per l’appunto, ovviamente una scuola necessariamente pubblica, per come la intendo io, organo centrale della democrazia, perché serve a risolvere quello che secondo noi è il problema centrale della democrazia: la formazione della classe dirigente. La formazione della classe dirigente, non solo nel senso di classe politica, di quella classe cioè che siede in Parlamento e discute e parla (e magari urla) che è al vertice degli organi più propriamente politici, ma anche classe dirigente nel senso culturale e tecnico: coloro che sono a capo delle officine e delle aziende, che insegnano, che scrivono, artisti, professionisti, poeti. Questo è il problema della democrazia, la creazione di questa classe, la quale non deve essere una casta ereditaria, chiusa, una oligarchia, una chiesa, un clero, un ordine. No. Nel nostro pensiero di democrazia, la classe dirigente deve essere aperta e sempre rinnovata dall’afflusso verso l’alto degli elementi migliori di tutte le classi, di tutte le categorie. Ogni classe, ogni categoria deve avere la possibilità di liberare verso l’alto i suoi elementi migliori, perché ciascuno di essi possa temporaneamente, transitoriamente, per quel breve istante di vita che la sorte concede a ciascuno di noi, contribuire a portare il suo lavoro, le sue migliori qualità personali al progresso della società
Professor Calamandrei, ci sono dei punti, di questa riforma, che non la convincono, che anzi la preoccupano?
Vede io sono un uomo d’altri tempi, non tutto mi è chiaro…soprattutto non ho gli strumenti culturali per capire e dire la mia sulla rivoluzione tecnologica, la chiamate così voi?, che ha investito il mondo contemporaneo…
Adesso non faccia il modesto…
Lei stesso mi ha detto che io sono “staccato da ogni polemica contingente”…posso solo dare consigli generali…
Ci interessano proprio quelli…
– Sarò netto. Io vengo da una società gerarchizzata, ho conosciuto il peso delle gerarchie, del verticismo dall’alto, il culto della personalità e del capo. Sono, e ho cercato di tradurlo nei miei contributi alla Costituente, per una società partecipata, dove le finalità e le decisioni sono condivise e discusse…la scuola è uno dei luoghi della partecipazione, e un mondo complesso…dove tutti devono sentirsi partecipi di un processo unitario…se questa è la mia convinzione è chiaro che, per richiamare un punto della cosiddetta riforma, i poteri ai così detti super presidi non li condivido. Non mi piace la scuola dei presidi-prefetti o dei presidi podestà
C’è qualche altro punto che non la convince?
– Si lega a quanto stavo cercando di dire…ma lei mi ha interrotto.
Le chiedo scusa…
Volevo aggiungere che ravvedo i rischi di uno scardinamento dell’unitarietà dell’istruzione statale, il suo carattere sostanzialmente universalistico. L’apertura ai finanziamenti privati marginalizza le aree più deboli del paese contribuendo a quella frammentazione territoriale che la scuola dovrebbe viceversa contribuire a sanare. Le scuole azienda, le scuole che si fanno concorrenza tra loro, i capi d’istituto che scelgono i docenti, non mi convincono affatto… Mi tolga una curiosità, lei che vive nell’aldilà, nel mondo dei Vivi…Esiste ancora una Questione Meridionale? O è un problema delle nostre generazioni che, ai vostri tempi, è stato superato? Esiste un problema di inclusione di “nuovi” italiani che vengono di là dal mare…, io dal mio al di qua osservo con dolore quanto accade nel vostro tempo presente..
La Questione meridionale è nei libri di storia, tematica da anni ’50 e ’60o…
– Ecco vede la scuola può aiutare a sanare le diseguaglianze territoriali, offrire pari opportunità, deve essere terreno di solidarietà e operosità, non di concorrenza, carrierismo, arrivismo, non può cadere in una logica mercantilistica…
Professor Calamandrei… mi dica…possibile che in questa riforma nulla le piace?
Forse l’unica cosa positiva è l’ingresso nel mondo della scuola di tanti docenti precari, giovani ma molti non più giovani…, ma resta il problema di fondo: ridare dignità alla scuola, ridare credibilità a chi ci lavora sul piano dei salari e del ruolo, richiamare la sua centralità nella formazione dei giovani, recuperare i principi ideali a cui deve ispirarsi, come già ho avuto modo di citare rispondendo alle sue domande…Questi giovani insegnanti, in sostanza, devono avere dei parametri ideali sui quali collocare il loro lavoro…quei parametri che ho richiamato e che ritengo tuttora validi
Per concludere, prof. Calamandrei, sembra che lei abbia in mente un tipo di uomo o donna che la scuola dovrebbe formare…
– Assolutamente no…l’uomo non può essere plasmato a guisa di macchina o di automa, la scuola può essere uno strumento per arrivare ad essere uomini, ma non è il solo, sono tante e diverse le strade per esserlo… perché c’è da chiederci, ma siamo già in un campo più filosofico, cos’è un uomo o una donna, tanto essi sono perfettibili nel bene e nel male…
Più concretamente, come ho avuto modo di dire, trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere.

Tonino Sitzia
Ottobre 2015

L’intervista è frutto della fantasia dell’autore

*Le frasi in corsivo sono contenute nel “Discorso sulla scuola” tenuto da Piero Calamandrei al III Congresso dell’Associazione a difesa della scuola nazionale (ADSN) – Roma 11 febbraio 1950, e nel “Discorso sulla Costituzione” pronunciato da Piero Calamandrei a Milano nel salone degli Affreschi della Società Umanitaria il 26 gennaio 1955.

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