19 Aprile 2024
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Nel Grande Nord cileno – Viaggio in tre puntate (II)

Il porto dei pescatori di Arica

A pochi passi dal “Ferrocarril de Arica a La Paz”, la vecchia stazione ferroviaria, ora purtroppo dismessa, che collegava Arica alla capitale boliviana, scorre frenetica l’attività portuale della città.
Enormi gru movimentano le operazioni di carico e scarico dei container nelle navi mercantili e poderosi Tir assicurano lo smistamento delle merci da e per l’interno di questa parte del continente sudamericano. Si dice che circa 500 camion al giorno percorrano la strada che collega il mare a La Paz attraverso i pericolosi tornanti che si inerpicano sulla cordigliera fino a 4000 metri tra paesaggi desertici mozzafiato.
Tra gru e container, giganti della modernità comuni a tutti i porti industriali del mondo, sopravvive, come un miracolo, il piccolo porticciolo dei pescatori artisanales di Arica. Qui il tempo si è fermato, i ritmi si fanno lenti, segnati dai tempi del mare, che spesso dà e più di qualche volta prende.
I pescatori hanno i loro box per il rimessaggio delle reti e delle attrezzature da pesca, hanno un piccolo hangar dove calafatare, riverniciare le barche e fare la messa a punto dei motori.
All’aperto, su dei tavoli poggiati sul molo, scaricano il pescato e con le loro mani esperte spellano e puliscono i grossi pesci, che verranno poi distribuiti nei ristoranti della città e nel piccolo mercato attiguo. Il ventrame e qualche residuo vengono rigettati in mare, contesi e rapidamente inghiottiti da frotte di leoni marini.

Lobos marino
“Lobo” marino (leone marino) nel porto di Arica

I leoni marini, per i cileni lobos marinos, flessuosi e leggeri in acqua, e mai sazi, goffamente tentano a volte di salire sul molo per ripulirlo di altri scampoli di pesce, ma i cani dei pescatori abbaiano e scodinzolano per ricacciarli in mare.
I lobos li osservano con i loro grandi occhi lagrimosi, non hanno voglia di fare battaglie e sembrano snobbare il loro forsennato abbaiare. Così si rigettano nel loro elemento naturale, grugniscono ed emettono gutturali lamenti quasi a voler dire che con un colpo di coda potrebbero frantumarli.
Anche i pellicani assistono allo spettacolo e partecipano attivamente al banchetto. Appollaiati sulle ringhiere che a tratti delimitano il molo, o sui tetti dei box o dell’hangar, osservano con apparente aria distratta e indolente. A volte zampettano zoppicanti sulla terraferma con le loro grandi zampe palmate, sono goffi e buffi con quei grossi becchi che si ritrovano, ma all’improvviso spiccano il volo leggeri e rapidi, tuffandosi a contendere ai lobos i resti del pescato.

Pellicani nel molo
Pellicani nel molo

Le barche dei pescatori puntellano il porticciolo dei loro colori a tinte forti, giallo, rosso, azzurro e ciascuna di esse, ai fianchi o a poppa, ha un suo nome, quasi una carta di identità. Si tratta perlopiù di nomi di donna: Princesa, Doña Justa, Leonor, Melina, Alejandra, Isaura, ma anche Don Esteban, Gringo Pablo, Mar Caribe…Amori o nomi propiziatori per ingraziarsi gli Dei del mare?
Da qualche tempo i pescatori sono in stato di agitazione. Protestano civilmente perché Nuestra Señora la Modernidad vorrebbe cacciarli dal porticciolo e spostarli nella caletta Quiane a 4 km da Arica.
Il titolo di un loro manifesto affisso all’ingresso del porto è esplicito “ No al traslado de la caleta de pescadores artesanales al lado las pesquieras, en caleta Quiane”. Il manifesto poi prosegue “Como pescadores artesanales siempre nos ha preocupado la vida marina y hemos apoyado con todo lo que esta a nuestro alcance la protecciòn de la biodiversidad, fuimos los primeros en reconocer y protejer la colonia de tortugas en la desembocadura del rio San José…”

Le richieste dei pescatori
Le richieste dei pescatori

Anche i pescatori, a modo loro, fanno parte della umana biodiversità, e condividono il destino delle piccole tortugas minacciate dall’inquinamento.
La loro è una battaglia in salita, chi potrà difenderli? Si riuscirà, e ancora per quanto tempo, a vedere e mangiare le machas, le ceviche de corvina, el Chupe de mariscos, la reineta, l’albacora (il pez espada), le enormi cozze, e le altre prelibatezze della cucina marinara del Cile?
Si dice che il vecchio molo diventerà un elegante pied a terre per croceristi danarosi e annoiati.
Forse gli ariqueños, allora, si sentiranno più ricchi, ma avranno perduto un pezzo della loro storia e della loro anima.

Tonino Sitzia
Agosto 2015

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