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12 Dicembre 2024
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Nel Grande Nord cileno – Viaggio in tre puntate (I)

La valle di Putre a 3500 m di altitudine. Sullo sfondo Le Ande (foto di Luca Sitzia)

Prima puntata: LE ANDE

Aveva poco più di 12 anni, Juanita, quando venne portata in processione su per la montagna infuocata a 6000 metri di altezza , vestita come una dea, i sacerdoti in testa al corteo e tutto il popolo al seguito. Appartenenti alle famiglie più ricche, solo le più belle e pure del villaggio potevano avere l’onore del sacrificio. Era stata scelta, Juanita, dall’Inca in persona a Cuzco perché le trasmettesse i suoi poteri divini e offrisse se stessa al Dio della Montagna, il vulcano Ampata. La sua morte ne avrebbe calmato i furori. Juanita, cosciente e orgogliosa del particolare compito affidatogli dall’Inca e dalla sua comunità, non aveva paura della morte, che pure doveva essere stata dolorosa e traumatica quando il sacerdote le diede il fatale colpo di macona nell’arco sopraccigliare destro. Ora la vicenda di Juanita rivive nel Museo Santuarios Andinos dell’UCSM (Università Cattolica Santa Maria) di Arequipa in Perù, dove è conservata, in perfetto stato, la sua mummia. Gli archeologi ne datano la storia, risalente a circa 550 anni fa, ne studiano il DNA, le malattie, l’alimentazione, il modo di vestire. Le Ande, che ne hanno ricevuto in sacrificio la virginea purezza, hanno restituito Juanita all’eterntà, conservandola per secoli congelata in un cratere a 6000 m di altitudine e casualmente scoperta dagli archeologi nel 1995.

Una risorgiva di acqua calda nel Salar de Surire. Parco Nazionale di Lauca (Foto di L. Sitzia)
Una risorgiva di acqua calda nel Salar de Surire. Parco Nazionale di Lauca (Foto di Luca Sitzia)

Le Ande sono, da sempre, la montagna sacra del Sudamerica, per i Cileni è la Cordigliera. Arrivarci dal livello del mare nel breve volgere di circa 180 km, tale è la distanza media che separa la costa cilena dalla Cordigliera, in quello che è considerato da Nord a Sud il paese più lungo del mondo, è già un’esperienza che lascia stupefatti. È quanto accade a chi vuole arrivare alla Cordigliera da Arica per visitare il Parco Nazionale di Lauca, percorrendo l’infernale carretera n.11 attraverso il Deserto di Atacama. Col variare dell’altitudine, e della luce del sole nel corso della giornata, il deserto dapprima piatto e uniforme, si complica in colline multiformi e multicolori, disegnate dal vento, dall’erosione, squassate dai movimenti tellurici assai frequenti da queste parti o sventrate per le miniere di rame o salnitro di cui è ricco il sottosuolo. Se non fosse per la presenza degli enormi camion che vanno e vengono dalla capitale boliviana, potremmo essere in una valle di Marte o sulla Luna. Eppure non siamo soli. Già a partire dai 2500 m gli austeri e solitari cactus candelabro spuntano dalle sommità delle brulle colline desertiche o sui declivi collinari, poi ai 3500 metri la flora si arricchisce di piante grasse e spinose, dai fiori colorati, arbusti nani, ciuffi di paja brava, che sembrano presidiare il paesaggio, perché anche qui, in una ambiente severo e ostile, pulsa la vita.

Vigogne al pascolo sul Salar de Surire (4245 m) nel Parco Nazionale di Lauca  (Foto di Luca Sitzia)
Vigogne al pascolo sul Salar de Surire (4245 m) nel Parco Nazionale di Lauca (Foto di Luca Sitzia)

Sui 3000 metri, nella Precordigliera, l’aria si fa più rarefatta. Nel cielo, limpido e terso, nuvole bianche corrono mutevoli come cavalli bizzosi, e il sole costringe gli occhi a serrare le palpebre per difendersi dall’intenso chiarore. Il calore sembra docile e tenero, ma qui i raggi ultravioletti raggiungono la massima intensità, lo sanno bene le popolazioni andine, nei secoli adattatesi all’ambiente, con i loro caratteristici cappelli e la loro pelle secca e scura. Sull’altopiano, a 4000 m già si è in piena Cordigliera. Ad essa si avvicinano con rispetto non solo gli antichi discendenti degli Inca, gli Aymara o i Cheqhua, ma anche i moderni abitanti del Cile, della Bolivia, del Perù e dell’Argentina. Più o meno a tutti coloro i quali visitano la Cordigliera, ma soprattutto ai turisti, viene richiesto un pegno, un sacrificio agli dei della montagna. Non è la morte violenta, come per la piccola Juanita, ma la Puna, el mal de altura, che provoca mal di testa, vertigini, talvolta vomito. È una sorta di battesimo, di iniziazione, quasi a voler sottolineare che non si affrontano i 4000 m dell’Altopiano con superbia, in fretta, di petto. Nel pieno rispetto della montagna e di quanto essa offre, le popolazioni andine, per prevenire o alleviare la Puna usano, e lo consigliano ai turisti, il mate de coca e di chachacoma in infusione, bevuto caldo e a piccoli sorsi. Una volta superata la Puna si possono visitare le meraviglie dell’altopiano, oltre i 4000 metri, ma ai tempi e alle condizioni dettate dalla Montagna Sacra, camminando piano, respirando con calma, senza fare sforzi eccessivi, e in perfetto silenzio.

Il lago Chungarà (4570 m)  uno dei più alti del mondo, e il  vulcano Parinacota (6348 m). Foto Luca Sitzia
Il lago Chungarà (4570 m) uno dei più alti del mondo, e il vulcano Parinacota, 6348 m (Foto di Luca Sitzia)

Nel Parque National Lauca, uno dei gioielli del Cile, riserva mondiale della biosfera dell’Unesco dal 1970, tra i 4000 e i 6000 metri di altitudine, tutto è estremo, perfino la bellezza. Lo spazio è l’immensità, l’orizzonte è l’infinito, il tempo dilatato dallo stupore. Vulcani innevati che si riflettono su laghi sfavillanti, come il Parinacota e il Pomerape sul lago Chungará, le lagune di Cotacotani, con le macchie di quinoa, chiesette coloniali in antichi villaggi aymara, laghi salati come lo stupefacente Salar de Surire dove nidificano tre specie endemiche di fenicotteri.

Lama al pascolo nel Parco Nazionale di Lauca (Foto di L.Sitzia)
Lama al pascolo nel Parco Nazionale di Lauca (Foto di Luca Sitzia)

E che dire delle rare specie animali, i lama, l’alpaca, la vigogna, la viscaccia, il guanaco, il grande condor, e vegetali, la llareta, che con il suo cespuglio a mammelle verde chiaro spicca tra le nude rocce desertiche, il cactus opuntia, la queñoa, l’algarrobo, e tante altre endemiche e particolari di questi ambienti unici. La Natura, in questo straordinario spaccato di mondo, si mostra in tutta la sua potenza, varietà e magnificenza. L’uomo, all’interno delle sue gerarchie, non è che una piccola parte.

Tonino Sitzia

(Agosto 2015)

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