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27 Luglio 2024
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Elmas 7 febbraio 1943, Giovanni e Giuseppe

– O Peppineddu, ma is masesus si nd’arregordant de nosus?

 – No ndi seu siguru…funti passaus ottant’annus…ma tui innui ses?…de cussa dì chi  femus impari no si seus prus bius…innui ses?

Eja, femus impari cussu merì…torrendi de Quartu…

Mi nd’arregordu ca femus accanta de s’aeroportu…tic toc tic toc tic toc… su passu de su burricheddu fiat allirgu, pariat prexiau de torrai a domu, e nosus a su propriu, fiat de dominigu e no biemus s’ora de rientrai…

– Eja…femus impari cudda dì…tengu in conca sceti cussu sonu surdu de apparécchius…meda peus de unu niu de espis…  

– Mancu su tempus de castiai su cielu impestau de apparecchius e poi comenti unu lampu…

– De sa dì no t’apu prus biu…

– Funti passaus ottant’annus…O Giovanni, a mei anti dedicau una ruga in bidda…Via Giuseppe Aiana…in zona de Is forreddus…innui ci fiant is ortus de tziu Angellinu Sarigu e de Tziu Ferdinandu Loi…  

– A mei puru… attesu de tui e de sa bidda, Via Giovanni Melis…in Is Punteddus…e ita ti parit o Peppineddu…seus mortus impari… e s’anti dividiu…tui in d’unu logu e deu in d’un artru… no mi parit giustu…

Si tratta, ovvio, di un dialogo immaginario tra Giuseppe Aiana e Giovanni Melis, i due ragazzini di Elmas morti ottant’anni fa. Furono le prime vittime civili dei bombardamenti americani del 7 febbraio 1943, il primo che gli statunitensi effettuarono in territorio europeo, ma già nel giugno del 1942 a Cagliari c’erano stati una quindicina di morti tra la popolazione civile in un raid dell’aviazione britannica.    

Bastano due strade a loro dedicate per ricordarli? È certo un segnale, ma non basta, è bene ricostruirne la storia, e in qualche modo riavvicinarne i destini, oltre la morte. Salvo quando si tratta di personaggi storici famosi e universalmente noti, i piccoli protagonisti della storia sono dimenticati, o nessuno sa chi siano. Invece meritano il ricordo perché ieri come oggi sono i civili, e i bambini soprattutto, come in questo caso, le vittime spesso innocenti e inconsapevoli, delle guerre.

Elmas 7 febbraio 1943, ottant’anni fa.

Sono le prime ore del mattino, quando, dopo una notte fredda e nuvolosa, Giovanni Melis, figlio di Basilio e di Antonia Abis, e Giuseppe Aiana, figlio di Salvatore e Margherita Sarigu, partono con il loro carretto trainato da un asinello, per Quartu Sant’Elena. Giovanni ha 14 anni, Giuseppe 12. Le verdure, l’asinello e il carretto sono di proprietà di un contadino locale che chiede ai due ragazzini di fare quella commissione, evidentemente in uso per quei tempi, quando di lavoro minorile non se ne parlava e tanti bambini lavoravano nei campi, pagati in natura o forse con la promessa di “aggiudu torrau”, come spesso si usava allora.

I prodotti degli orti masesi erano famosi: pomodori, cavoli, zucchine, cardu biancu, cipolle, sedani, finocchi, ravanelli, venivano portati in città per essere venduti nei mercati locali, dove erano molto apprezzati.

Si usava allora, e si usa ancora oggi in tante parti del mondo, dove guerre, ingiustizie, diseguaglianze, costringono i bambini a lavorare e a rinunciare alla scuola.

Si usava allora, e non ci si faceva caso, come fosse un fatto normale, eppure quelli non erano tempi normali: il 10 giugno 1940, Mussolini dal balcone di Piazza Venezia a Roma, annunciava che la dichiarazione di guerra era stata consegnata agli ambasciatori di Francia e Gran Bretagna e che l’Italia fascista si schierava a fianco della Germania nazista, con cui aveva firmato il Patto d’Acciaio il 22 maggio 1939. Un anno dopo, l’11 dicembre 1941, l’Italia dichiarerà guerra agli USA, e ciò costituirà una decisiva e fondamentale svolta nella guerra sul Mediterraneo, e quindi anche per Elmas e la Sardegna.

Da quell’estate del 1940 sul fronte nordafricano gli Alleati, americani, francesi e inglesi, combattono la guerra nel deserto, e la Sardegna, che dista meno di 200 km dalle coste tunisine (meno di quella dalle coste italiane), assume sempre più un importanza strategica per le forze in campo. In particolare Cagliari con le sue caserme, il suo porto militare e commerciale ed Elmas con l’aeroporto militare, diventano bersaglio degli attacchi aerei degli alleati, e già il 16 giugno 1940, uno dei sei bombardieri francesi Martin 167 di fabbricazione americana sganciò alcune bombe sull’aeroporto di Elmas, mentre gli altri cinque bombardarono il porto di Cagliari. (E’ quanto risulta dai documenti francesi, secondo quanto segnalato dalle ricerche di Alessandro Ragatzu). Era di domenica, alle 5 e mezzo del pomeriggio.

Da allora e fino alla data dell’Armistizio dell’8 settembre 1943, l’aeroporto di Elmas è in costante pericolo, si susseguono i raid aerei e i pochi sopravvissuti oggi ancora in vita e in grado di testimoniare, ricordano il sordo rumore degli aerei in quota, e i giochi a indovinare se si trattava di aerei americani, francesi, inglesi, tedeschi o italiani. Nel paese, che dista pochi chilometri dallo scalo, la vita continua, ma la guerra è vicina: si sente la sirena dei continui allarmi. Ai bordi dello stagno, a due passi dall’aeroporto, è operativa una batteria antiaerea, tanto che quell’area, “Sa batteria”, ormai inesistente, è rimasta nella vecchia toponomastica di Elmas, come alcuni bunker tuttora integri.

Già nel gennaio del 1943, a più riprese, si sono susseguiti bombardamenti notturni e spezzoni incendiari sull’aeroporto da parte di velivoli inglesi. Alessandro Ragatzu nel suo documentatissimo “1940- 1943 Bombe su Cagliari, Le incursioni, le battaglie aeree, le metodologie d’azione dai documenti ufficiali amici e nemici ”(Alisea Edizioni, 2008) riporta, tra gli altri, alcuni documenti della Questura di Cagliari, e uno di questi si riferisce al 21 gennaio ’43: “Ore 22 e 37 ieri sera dato allarme per incursione numerosi apparecchi nemici che lanciarono numerose bombe dirompenti su aeroporto Elmas provocando danni et incendi nonché morte un militare nazionale et altri otto militari feriti tra cui sei tedeschi. Uno spezzone est esploso in una casa campestre frazione Assemini provocando feriti civili. Est danneggiato impianto elettrico questo capoluogo. Allarme cessato ore 0.11 stanotte. Popolazione mantiensi tranquilla”.

La popolazione è tranquilla, la vita continua e i due ragazzini, all’alba di quella domenica del 7 febbraio 1943, partono alla volta di Quartu con il loro carico di verdure. Devono consegnarlo ad uno dei battaglioni, forse il 409° battaglione costiero, ma più probabile al  176° Battaglione CC.NN (Cacciatori Guide di Sardegna), stando alla testimonianza del signor Aiana, il fratello di Giuseppe,  che ricorda come stessero andando presso un “battaglione d’assalto”, ma non è in grado di dire esattamente quale. La vita continua e c’è da immaginare che Giovanni e Peppineddu, durante il tragitto chiacchierino e scherzino, come tutti i ragazzi di quell’età, sollecitando e spronando il loro asinello.

Consegnato il carico fanno rientro a casa, quella domenica del 7 febbraio, passando da Cagliari e non per la via più breve e diretta da Monserrato (testimonianza Aiana) . Nel pomeriggio, alle 15.30 circa, appena superata la località chiamata Fangario, a ridosso dell’aeroporto, furono vittime del “devastante, triplice attacco aereo sferrato il pomeriggio del 7 febbraio sull’aeroporto di Elmas da 33 B-17 del 97°,  e 301° BG e 19 B-26 del XII Bomber Command, il primo dei bombardieri americani su un obiettivo in territorio europeo” (A. Ragatzu pag.45). Di quel bombardamento fu vittima anche il mitragliere Giovanni Dettori, noto Nicheddu, classe 1903, telemetrista in servizio presso la batteria antiarea citata, che morirà quattro giorni dopo. Il bombardamento a spezzoni colpì anche alcune aree periferiche della  città, e fu del tutto gratuito, ingiustificato e indiscriminato, andando a colpire non solo una struttura militare ma bersagli civili e persone inermi. 

Inutilmente i due ragazzi cercarono riparo sotto il carretto, che venne frantumato, cosi come l’asinello che lo trascinava. I corpi dilaniati dei due ragazzini vennero portati e ricomposti nell’ospedale militare di San  Michele a Cagliari.

Nella copia dell’atto di morte di Giovanni Melis, fornitami dalla famiglia, redatta dapprima dall’ufficiale di stato civile dott. Cav. Carmine Serra, e successivamente trasmessa e certificata (nel 1945) dal dott. Aldo Cianchi, si legge che Giovanni Melis, è morto il 7 febbraio 1943 alle ore 22, ed era uno scolaro di anni quattordici. Stessa sorte per Giuseppe Aiana, di due anni più piccolo.   

Nella Cronaca Cittadina, pag.3, de “L’Unione sarda” del 9 febbraio appare un trafiletto dal titolo “Oggi si svolgeranno i funerali delle vittime dell’incursione aerea” sottotitolo “Il comune rende noto: “Le onoranze funebri alle tre vittime della incursione aerea di ieri l’altro, avranno luogo, nel pomeriggio odierno, alle ore 16, partendo dalla chiesa del Carmine”.

Ne “L’Unione sarda” dell’11 febbraio, a pag.3, la notizia dei funerali avrà un risalto maggiore, con un articolo più circostanziato che rende omaggio alle vittime e che da conto del cordoglio popolare. Nell’articolo del giornale, che era apertamente fascista, e che nei titoli di quei mesi mascherava la vicina catastrofe come una vittoriosa  avanzata delle forze dell’ Asse (Germania, Italia, Giappone) si legge  “La cittadinanza cagliaritana vi ha partecipato con profonda e sentita commozione: si è stretta compatta attorno alle bare che, ricoperte del Tricolore e di fiori, hanno percorso le vie del centro, verso l’estrema dimora”. Con retorica e linguaggio tipici del ventennio si aggiunge che “Cagliari ha rinnovato in suoi sentimenti sincerissimi di fede e di patriottismo…contro la bestiale ira nemica essa opporrà sempre il suo animo forte e gagliardo, pronta a qualsiasi altro evento e sacrificio, decisa a resistere ed a combattere nella certezza della luminosa vittoria”.

Nelle righe successive si aggiunge che “Le salme delle vittime erano state trasportate nella Chiesa del Carmine dove nella mattina di martedì ha avuto luogo la celebrazione della Messa in suffragio”

L’articolo si concludeva con l’elenco delle numerose autorità presenti che accompagnarono i feretri al cimitero di San Michele. Vengono infine riportati i nomi delle vittime: “Diana Giuseppe (era un errore perché il cognome era Aiana) di Salvatore, di anni 12, da Elmas; Melis Giovanni, di Bachisio, di anni 15, da Elmas; Cabras Avendrace, fu Gabriele, di anni 67, da Cagliari.

Tonino Sitzia

(La storia di Giovanni Melis e Giuseppe Ajana sarà rievocata il 4 novembre 2023, alle ore 17.00, in un incontro che si terrà presso la Sala Consiliare del Comune di Elmas)

Ringrazio per le informazioni utili al racconto: Alessandro Ragatzu, Giuseppina Melis, Luigi Aiana, Cristiana Spinetti, il personale dell’Archivio Storico del Comune di Quartu Sant’Elena

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