19 Marzo 2024
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Note ai margini di una serata poetica

“Storie e poesie“: questo è il titolo delle serate letterarie ideate e coordinate da Angelica Piras e Marina Piras per conto dell’associazione Equilibri, Circolo dei Lettori di Elmas. La più recente è stata quella del 29 ottobre, con introduzione di Anna Musinu. La prossima sarà venerdì 2 dicembre. La sala era gremita di persone, in gran parte donne, interessate ad ascoltare Lidia Petrulli, che presentava il suo ultimo romanzo “Uno scialle sul fiume Temo”, e Massimo Nevisco, che ha letto e commentato alcune sue poesie.
Già da qualche anno a Elmas gli incontri dedicati alla poesia si sono susseguiti con cadenza mensile. Stavolta si è voluto sperimentare una nuova formula, che prevede l’incrociarsi e lo scambio delle esperienze, anche personali, di chi scrive, storie  e poesie appunto, con quelle di chi ascolta.

Un’immagine della serata poetica del 29 ottobre 2022

I presenti, assai numerosi, si conoscono, hanno il comune interesse per la scrittura, vi si dedicano e la coltivano, in prosa e in rima.Praticare la scrittura non vuol dire essere scrittori e poeti, guai a chi si fregia di questi titoli, però è bello constatare come in tanti si cimentano, perché in un prato spontaneo può emergere un fiore che si distingue dagli altri, o che si ripresenta puntuale, oppure, effimero nella sua bellezza, durare lo spazio di un attimo. Fuor di metafora, scrivere fa bene, può essere gratificante, terapeutico, consolatorio, creare empatia e amicizia, favorire il confronto e il dibattito, antidoto alla solitudine e al dolore.
Poeti? Scrittori? Chissà. La storia della letteratura insegna che grandi scrittori o poeti sono stati riconosciuti come tali dopo morti, mentre in vita hanno patito dolore, perché ignorati, derisione, a volte miseria e fame.
La scrittura ha a che fare con la fatica della parola, e per noi sardi la parola, soprattutto se espressa nella lingua nazionale, non sgorga fluida, nello scritto come nell’orale. Meglio quando ci si esprime nella lingua madre, il dialetto, che nell’oralità delle gare poetiche, ormai in disuso, raggiungeva vette molto alte.
La parola dei sardi è silenziosa, meditata, sussurrata, a volte tagliente.  
Forse questo è dovuto all’isolamento, alla severa conformazione del paesaggio, quasi che la lingua ad esso si adeguasse, alla pressione dei dominatori. Ed è interessante constatare che molti scrittori sardi hanno scritto sulla Sardegna con uno sguardo “da lontano”, (vedi Deledda, Salvatore Satta, Dessì, Atzeni, Fois…) come se la lontananza renda l’osservazione più nitida.  Il linguaggio, nella forma e nei contenuti, si è evoluto, soprattutto nelle ultime leve della letteratura sarda, ma ha conservato quell’humus che è un connotato particolare. Giulio Angioni, che sosteneva di essere internazionalista, europeo, italiano e sardo, a proposito della scrittura sosteneva che nella globalità in cui siamo inseriti la Sardità è come la cipolla nelle pietanze, c’è ma non si avverte.
Lo sguardo dei due ospiti della serata è quello di chi, proveniente da un altro contesto, è attratto dalla Sardegna, ne è fortemente incuriosito, tanto da scriverne e imbastire storie, tanto da sentirsi “ormai” sardi. Questo sguardo, questa pluralità di punti di vista, può essere utile a comprendere chi siamo e, andando oltre l’insularità, essere pienamente inseriti in quello che Gramsci chiamava “il mondo grande e terribile”.      

Tonino Sitzia  

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