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14 Ottobre 2024
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Viaggio in Russia (2): L’Anello d’oro (Agosto 2018)

Kostroma  Monastero Ipatievsky (Foto S. Lecca)

E indistruttibile è il ricordo delle betulle

Familiari, nella rugiada o nella nebbia

Belle con le loro trecce d’ oro

E la veste di lino bianco.

(Sergej Aleksandrovič Esenin, “A mia sorella Šura”, frammento)

L’ANELLO D’ORO

L’anello d’oro racchiude quel complesso di città di straordinario interesse storico, monumentale, paesaggistico  che, disposte in modo circolare tra Mosca e il Volga, rivelano l’anima profonda della Russia. Per visitarle tutte, in un itinerario di circa 700 km, ci vuole più di una settimana, ma attraversarne anche solo un tratto in pochi giorni è un’esperienza unica. I tour operator fanno a gara per accaparrarsi i turisti con le crociere, il più delle volte costose, sul più grande fiume d’Europa, che unisce Mosca a San Pietroburgo e viceversa. In tal modo si ammirano i panorami dal fiume, i profili dei cremlini e delle cupole dorate delle chiese ortodosse delle città e villaggi che vi si affacciano. In quelle più importanti sono previste le soste, le visite guidate e le pause per il pranzo, la cena, e l’eventuale pernottamento.

Sergiev Posad Cattedrale della Trinità (Foto A.Sitzia)

Ci si lascia trasportare da pacchetti già preconfezionati, senza problemi. Ma cos’è un viaggio se non risolvere problemi? Meglio organizzarsi il viaggio fai da te, e, in questo caso, lasciarsi prendere dal ritmo lento della provincia russa. Così, con questa filosofia e con qualche battuta di amici e conoscenti, del tipo “Ma chi ve lo fa fare?” “Ma bosatrus seis maccus!”, abbiamo affrontato il viaggio. Dopo la visita al favoloso monastero della Trinità di San Sergio, già sede dei Metropoliti della Chiesa Ortodossa, nella cittadina di Sergiev Posad, ci siamo mossi lungo la linea geografica di nord est rispetto a Mosca per visitare un tratto dell’Anello d’oro, in particolare le città di Vladimir, Suzdal e Kostroma, dapprima in treno, poi in bus e infine un noleggio con conducente già prenotato: tre esperienze diverse, tre modalità di spostamento, tre approcci differenti al paesaggio, geografico e umano.

Prima tappa. Nel biglietto ferroviario elettronico a suo tempo acquistato, contrassegnato dal nome del passeggero e dal numero di posto, si legge, per fortuna in inglese e non solo in cirillico: 24.08.2018, departure 09.30, arrival 11.14, da Moskva Kurskaia a Vladimir. Ci siamo mossi per tempo per trasferirci dall’albergo in metropolitana fino alla fermata Kurskaya, sulla linea 3, la blu, la più vicina alla stazione. Abbiamo fatto bene. Mosca è una megalopoli di 12 milioni di abitanti, ha nove stazioni, tutte legate alla sua storia, costruite tra la metà del XIX secolo e i primi decenni del XX°, da cui si diramano le varie linee che collegano la capitale a tutta la Russia. Dalla Kursky Vokzal, partono le linee  che vanno verso Nizhnij Novgorod, ed è quella che noi prenderemo per Vladimir, ma ci sono tutte le linee che vanno verso il sud della Russia, il Caucaso, l’Ucraina e la Crimea.

In treno da Mosca a Vladimir

I russi viaggiano molto in treno, le stazioni sono affollatissime e non è facile districarsi per chi ci capita per la prima volta. Esse, come gli aeroporti d’altronde, danno l’idea della confusione estrema, e si è presi da una sensazione di smarrimento e di vertigine: occorre abituarsi e impadronirsi della loro  logica e razionalità, del loro linguaggio per simboli, se non si vuole, senza metafora, perdere il treno. Dopo un po’ di fatica, e non senza qualche aiuto da parte di cittadini russi assai disponibili, eccoci sulla banchina del nostro treno. Binario n° 7. Tutti sono ordinatamente in fila presso il proprio vagone. La capotreno controlla i passaporti e il biglietto e ci indica dove andare. Ore 09.30, si parte.

Il treno sembra fermo, e il tempo sospeso, mentre dal finestrino scorre il paesaggio tipico del bassopiano sarmatico, betulle, pioppi, laghetti, corsi d’acqua, dacie colorate circondate da orticelli coltivati. Si chiacchiera sommessamente, si consultano le guide, si osservano i volti dei russi, delle donne e degli uomini, dei ragazzi e delle ragazze, quasi tutte molto belle. Hanno caratteri diversi dai nostri mediterranei, verrebbe voglia di chiedere loro come stanno, come vedono la loro Russia, cosa pensano dell’Europa, quale idea di presente e di futuro, ma la barriera linguistica ci blocca e ci accontentiamo di incrociare gli sguardi e i pensieri.

Vladimir: facciata della cattedrale della Dormizione (Foto L. Atzeni)

Vladimir: Cattedrale della Dormizione (Foto S.Lecca)

Ore 11.14. Con puntualità svizzera, ma forse è meglio dire russa, siamo a Vladimir, prima tappa del nostro tour nell’anello d‘oro. Ci fermeremo alcune ore, prima di prendere il bus per Suzdal.

Il cuore della città, 200 km da Mosca, già capitale della Russia tra il XII e il XVI secolo, si raggiunge facilmente dalla stazione ferroviaria, salendo su per una lieve collina su cui sorge la Piazza delle due immacolate e spettacolari cattedrali, quella della Dormizione (1158), e quella di San Demetrio (1194). I più antichi palazzi della città e le due chiese, oggi protette dall’Unesco, sono in pietra calcarea bianca, fatto unico nel suo genere  poiché le chiese nel basso medioevo erano in gran parte costruite in legno.

All’interno della cattedrale della Dormizione si ammirano gli affreschi del Giudizio Universale del grande Andrej Rublëv, mentre della cattedrale di San Demetrio è stupefacente l’arte dell’intarsio della pietra che caratterizza le sue facciate, con motivi variegati di animali, piante, santi, figure mitologiche, personaggi storici, e ci perdiamo a riconoscerne alcuni.

Cattedrale di San Dmitrij, Vladimir (Foto L. Atzeni)

Vladimir: Cattedrale di San Dmitrij, facciata, particolare dei bassorilievi (Foto S.Lecca)

Nel primo pomeriggio siamo pronti a partire per Suzdal, 35 km da Vladimir  seconda tappa del nostro tour nell’Anello d’Oro.

Suzdal è facilmente raggiungibile con uno dei bus locali che partono ogni 40 minuti dalla stazione di Vladimir.

Il bus non è proprio di ultima generazione, ricorda il postale degli anni ’50, fa caldo e l’aria condizionata non fa parte del repertorio, ma il costo del biglietto, meno di 100 rubli a persona, e il breve tratto di percorrenza, autorizzano a sopportare i disagi. Troviamo facilmente posto e stiamo comodi, ma è solo un’illusione: nello stillicidio di fermate il bus si riempie di varia umanità. In tanti salgono e nessuno scende. Quando ormai il bus sta per esplodere, tra valige, borse, buste, uomini e donne e nonnette con i loro nipoti, ecco che alle prime fermate alla periferia di Suzdal, il bus comincia a vuotarsi. Ormai ci siamo, finalmente.

Suzdal: 10.000 abitanti circa, la città bianca, la città museo, la città, così si legge nelle guide, in cui “su una superficie di 8 km quadrati, sono concentrati circa cento monumenti eretti tra il XII e il XIX secolo”. Con il suo centro storico attorno al Cremlino, le sue magnifiche chiese, anch’esse protette dall’Unesco, si offre ai turisti con alberghi, Bed & Breakfast e Guest House, come il nostro Panorama, sulla Ulitsa Pushkarskaya al n° 7, da cui si gode in effetti un panorama eccezionale sulla città.

Suzdal – Arcivescovado e Chiesa dela Natività nella proprietà del Cremlino (Foto S. Lecca)

Suzdal. Chiesa della Trasfigurazione (Foto L. Atzeni)

Per raggiungere il centro attraversiamo il ponticello di legno sul fiume. Una musica nostalgica ci accompagna: ai margini della strada un vecchietto in elegante divisa da cosacco, con fisarmonica e tamburello al piede, suona Katjusha, un vecchia canzone popolare russa degli anni ’30, da noi nota come “Fischia il vento”, adattata a canto della Resistenza partigiana.

Suzdal – Artista di strada (Foto S. Lecca)

Suzdal ha conservato l’aspetto di grosso centro rurale, con i campi e le casette di legno, dalle finestre orlate e colorate, che lambiscono il fiume Kamenka. Visitiamo il Museo dell’Architettura in legno e della vita contadina, il Palazzo Arcivescovile, con il suo museo di storia della città, sulla riva destra del Kamenka, la Piazza del Mercato, ammiriamo i profili delle chiese.

Ha un aspetto da bella addormentata, eppure Suzdal ha un passato tormentato: ha conosciuto le ribellioni dei contadini liberi contro i boiari (sec XI), l’impatto dei mongoli dell’Orda d’oro (sec XIII), la peste nera, gli assalti dei polacco-lituani e dei Tatari, gli sconvolgimenti della Rivoluzione d’Ottobre.

Suzdal – Tipica casa in legno nella Pushkarskaya ulitsa (Foto S. Lecca)

Una strada di Suzdal con le tipiche case in legno

Fa pensare e riflettere come in questi luoghi ameni, in cui vale la pena fermarsi lontani dalla frenetica vita di Mosca e San Pietroburgo, si sia consumata, tra il 1942 e il 1943, la tragedia della disfatta dell’ARMIR, l’8 armata italiana in Russia, che, in base agli accordi tra Mussolini e Hitler, operò sul fronte orientale russo nella Seconda Guerra Mondiale mentre l’esercito tedesco era in gran parte impegnato nella battaglia di Stalingrado.

Proprio qui a Suzdal, nella pubblicazione del Ministero della Difesa “CSIR – Armir campi di prigionia e fosse comuni, Edizione 1996”, si legge: “I prigionieri italiani morti nel campo n. 160, località Suzdal, regione Vladimir dal 17 gennaio 1943 al 15 giugno 1946 sono stati 821. Nonostante il campo fosse destinato agli Ufficiali, risulta che oltre il 70% dei morti furono militari di truppa. La maggior parte dei decessi è avvenuta nei mesi di gennaio-maggio 1943. I morti furono sepolti in fosse comuni prima di 50 unità quindi di 25”.

Kostroma: la confluenza tra il Kostroma e il. Volga. Sulla destra il Monastero Ipat’ev (Foto A.Sitzia)

Dopo una notte a Suzdal abbiamo appuntamento, nel primo pomeriggio, con il minibus per 7 persone che, a suo tempo prenotato, ci porterà a Kostroma, terza tappa del nostro tour nel’Anello d’Oro. Dvidendo la spesa tra noi, 10.400 rubli, e considerando che i tempi necessari a percorrere i 185 km fino alla nostra meta con mezzi pubblici  sarebbero stati lunghi e il tragitto articolato e complesso, la soluzione del minibus si è rivelata perfetta.

25 agosto, ore 14.00 il minibus arriva puntuale. È un minivan Mercedes di classe superiore, dotato di tutti i confort. L’autista è impeccabile: carica ordinatamente le valigie nel vano bagagli, occhiali scuri, auricolari per comunicare con la sua base, profilo alla Vigo Mortens ne “La promessa dell’assassino” di David Cronenberg, asciutto nel parlare  e silenzioso come lui. In 180 minuti, tempi previsti e indicati nel booking di prenotazione, siamo al Moskovskaya Zastava Hotel di Kostroma. L’hotel, un eccellente 3 stelle, compresa un’ottima colazione a buffet, è situato a pochi metri dalla riva sinistra del Volga, su cui sorgono pontili di attracco delle navi da crociera che fanno la spola da Mosca a San Pietroburgo.

Proprio qui il grande fiume riceve le acque del Kostroma, da cui la città prende  nome e su cui è sorta. Per chi è abituato ai fiumi torrentizi di casa nostra non ci si stanca di osservarne l’immensità, e si è presi da una sensazione di rispetto, ma anche di inquietudine per i pericoli derivanti dalle sue piene.

I russi chiamano il grande fiume con l’affettuoso nomignolo di matŭska, mammina, come se tutti loro gli debbano qualcosa. In effetti il Volga è una delle dominanti della Russia, arteria dell’immaginario ma soprattutto dell’economia, dato che esso è collegato con i grandi laghi del Nord da ardite opere di ingegneria idraulica. Kostroma ha l’aspetto di una nobile decaduta, si vede dagli antichi palazzi e abitazioni dai muri scrostati e fatiscenti. Dalla piazza Susanin, cuore della città sin irradiano a ventaglio sette strade a raggiera, secondo il piano urbanistico voluto da Caterina II, la zarina amante degli Illuministi e degli uomini, che fu imperatrice di Russia dal 1762 fino al 1796.

Sulla piazza si affacciano le gallerie dei commercianti, con i loro eleganti porticati, in stile neoclassico risalenti al 1786, la Torre del Fuoco, il Palazzo della  Guardia, il Teatro (1863), il Palazzo dei Romanov che data 1827. Kostroma è legata alla storia e al destino dei Romanov, dal primo zar Michail a Nicola II, l’ultimo della dinastia. Non mi soffermo a descrivere il Monastero di Ipat’ev, meta imprescindibile per chi visita Kostroma, già decantato e descritto da tutte le guide, anche online, della Russia. Sembra sorgere come una magia sulla riva destra del Volga, proprio alla confluenza col Kostroma. Ci arriviamo piedi e, già prima di attraversare il grande ponte che unisce le due sponde, appare in tutta la sua maestosità e leggiadria.

Dal Monastero di Ipat’ev ripercorriamo il ponte e,  sulla ulica Tereškovoj n° 38, ecco il “Museo del lino e della corteccia di betulla”. Cosa sarebbero le chiese, i monasteri, i monumenti, i panorami, senza il lavoro umano? Il piccolo museo, che offre uno spaccato del lavoro artigiano in una regione della Russia tra le più note per la produzione dei tessuti di lino, è diviso in due ambienti: la sala del lino e la sala della corteccia di betulla.

La graziosa ragazza che ci accoglie spiega il ciclo di produzione del lino, ci mostra i diversi attrezzi che venivano usati in passato, prima dei processi di industrializzazione: il suo francese è stentato, come il nostro del resto, ma è l’unico veicolo di comunicazione tra noi.

Quanto basta comunque per capire quanto la Madre Terra sia generosa con il genere umano: un bellissimo e delicato fiore azzurro si trasforma in paglia, e poi, dopo macerazione, separazione delle fibre, pettinatura, filatura, in camicie contadine, lenzuola, fazzoletti, asciugamani, biancheria da tavola, tessuti per abiti, abbigliamento e altro.

Kostroma. Il punto vendita del Museo del lino

Nel punto vendita del museo si possono acquistare diversi tessuti di lino. I prezzi sono decisamente abbordabili, e ciascuno di noi si porta dietro un ricordo, un pensiero per sé o per parenti e amici.

Abbiamo ancora una mattina libera a Kostroma prima di raggiungere l’aeroporto di  Tunoshna da cui nel pomeriggio voleremo per San Pietroburgo.

Kostroma: La statua di Lenin nel parco cittadino

Giusto in tempo per un nuovo giro nel centro storico e fare qualche fotografia. Ci soffermiamo nuovamente ai piedi della grande statua di Lenin,nel parco cittadino che si affaccia sul Volga.

Costruita su basamento che nel 1913 doveva sostenere il monumento ai Romanov, voluto da Nicola II a ricordo dei 300 anni della dinastia, la statua raffigura Lenin che col braccio destro sembra arringare la folla o indicare un cammino, forse il Sol dell’Avvenire, sogno e mito per tante generazioni di russi e rivoluzionari di tutto il mondo.

 

Tonino Sitzia

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