23 Aprile 2024
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Avete presente come ci si sente seduti davanti a tutta la propria vita?

Un pomeriggio cercavo un libro di seconda media, sotterrato chissà dove dentro una scatola sotto altre decine di scatole, e mi sono trovata a rivivere tutta la mia vita. In mezzo a tutte quelle pile di cartone marrone con le etichette rosse che indicavano il contenuto ho dimenticato lo scopo principale di quella “visita” allo sgabuzzino e ho cominciato ad aprire le scatole segnate come “ogg. Scrivania ©hia”, “Quaderni elementari 2^ 3^”. Ho frugato tra vecchie penne, vecchi astucci, vecchi disegni, vecchi quaderni, vecchi libri, vecchi diari; ho riletto vecchie note di maestra Pina, vecchi compiti, vecchie giustificazioni, i miei primi temi e i miei primi calcoli di matematica. Ho ritrovato, tra i vecchi segreti custoditi nei diari di scuola, frasi scritte con le mie vecchie compagne, vecchi stupidi scarabocchi, ci ho ritrovato la mia amicizia con Carla e le mie prime cotte.
Aprendo la scatola “Giochi” ho ritrovato il mio amato Cluedo, il gioco dell’oca, il gioco di Hanna Montana da fare con “LE AMICHE DEL CUORE”, ho ritrovato vecchi pupazzi che avevo abbandonato da anni, e che nonostante la polvere non ho resistito ad abbracciare, vecchi vestiti delle barbie e oggettini stupidi come la giraffa che si ammoscia se clicchi il pulsantino di legno sotto. Ho aperto la scatola “Cicciobello”, l’ho osservato e per un po’ gli ho accarezzato il viso mentre gli sorridevo richiudendo la scatola. Ho ritrovato pure la foto del mio vecchio gattino, Tillo. C’ero molto affezionata e quando è scappato è stato un vero trauma: restavo ore ad abbracciare la sua foto di nascosto e ricordo anche di aver pregato chiedendo a Gesù di farlo tornare, e ripensandoci adesso la trovo una cosa tenerissima.
Stringendo forte il pupazzino ho sfilato la scatola “1^ media” e mi sono seduta in terra per togliere fuori i quaderni e i libri, per ultimo ho preso il diario di Cappuccetto Rosso e l’ho aperto. Nelle prime pagine c’erano tutte le mie paure per quella nuova avventura, gli orari della prima settimana di lezioni e le classiche tabelle “amici-amiche” con elencati i nomi dei nuovi compagni. Ci ho trovato vecchi discorsi fatti con la mia compagna di banco, botta e risposta sulle pagine del diario vuote, soprattutto le domeniche. Parlavamo male delle nuove professoresse, che ancora ci veniva difficile chiamare cosi, abituate come eravamo a dare del tu invece che del lei e mi sono venuti gli occhi lucidi nel ricordare la mia professoressa di motoria che ci ha lasciato l’estate di quell’anno per colpa di un anestetico troppo forte.
C’erano pagine piene di cuori con i nomi dei ragazzi che ci piacevano, e tracce della mia famosa cotta per il ragazzo della terza della mia sezione e poi del mio primo “grande amore”: lunghi e lunghi discorsi su come comportarmi con lui (che era il mio migliore amico all’epoca) e la sua ragazza (che tra l’altro era una delle mie migliori amiche, pure lei). Rileggendo mi è scappato un sorriso e per qualche attimo ho rivissuto tutte quelle sensazioni che provavo allora scrivendo quelle righe durante le ore di lezione, invece che ascoltare. Ho ricordato tutte le lacrime sprecate a piangere, tutte le bugie, tutti i litigi, insomma tutto quello che succede quando prendi per davvero la prima botta al cuore. Ho chiuso il diario e ho iniziato a frugare tra i quaderni, ho rivisto la mia vecchia scrittura, le orride sbavature nelle pagine per colpa delle gomitate di Zhixiang, il mio compagno di banco decisivo del primo anno di medie, tutte le faccine oscene che ci disegnavamo per insultarci nei bordi della pagina e tutti i segni rossi delle correzioni. I libri ho preferito non aprirli, e ho rimesso tutto a posto. Ho infilato la scatola nel suo spazio e ne ho tolto fuori un’altra, quella della seconda media.
Era passato solo un anno eppure si vedeva già che ero cambiata, diverse tipologie di marche sia nei quaderni che nei diari, diversa scrittura e non solo nel modo di scrivere le lettere ma anche nella forma del testo. La seconda media è stato l’anno più bello, secondo me, il più divertente: in soli diciassette nella classe più grande della scuola. Sono andati via vecchi compagni e ne sono entrati di nuovi. Nuovi professori e nuove “prese per il culo” da inventarci. E’ stato l’anno in cui mi sono impegnata di meno, l’anno in cui ho mostrato alle professoresse il lato peggiore di me, chiacchieravo come un’isterica e i compagni di banco che mi assegnavano non mi aiutavano sicuramente a stare zitta, finché non mi sono ritrovata da sola all’ultimo banco, fatto mettere il più indietro possibile così da non poter parlare con nessuno, e mi sono ricordata del pianto isterico che ho sfogato perché mi sentivo odiata da tutti. Ma è stato anche il più speciale, ero diversa anche fisicamente oltre che mentalmente, avevo nuovi hobby e nuove passioni. Nel diario di quell’anno ho trovato pagine intere piene dei testi delle canzoni di Bruno Mars (prima fissa per un cantante), di Guè e varie del rap.
Ho ritrovato una vecchia foto con la mia vecchia “migliore amica”, scattata nella macchinetta di un centro commerciale, e i miei scarabocchi fatti durante le lezioni di inglese e allora ho ricordato le ore buche passate ad urlare in classe, i momenti di ricreazione ballando e rubando merende, le urla di signora Cristina che entrava in classe per parlare delle partite del Cagliari, la festa di compleanno a sorpresa organizzata per la professoressa di inglese, con la torta cucinata da me, e le lezioni della prof. di francese. Penso spesso a lei, era l’ora che preferivo. Avevamo tutti un rapporto speciale con lei, era diversa dalle altre professoresse, io l’amavo soprattutto perché mi portava i crackers e mi faceva sempre i complimenti. Anche in 2^ ho trovato un amore, che però è stata più una serie televisiva alla “Beautiful” che una vera cotta. E’ stato l’unico anno in cui ho pianto l’ultimo giorno di scuola, perchè sapevo che mi sarebbero mancati tutti i miei compagni e perché la prof. di francese andava in pensione e non ci sarebbe stato più nessuno a procurarmi le merende (il cibo, il mio più grande amore e maggiore preoccupazione da sempre!). Praticamente in tre anni non ho mai portato una merenda a scuola, ma merenda ne ho sempre fatto (AhAhAh!).
Ho richiuso anche quella scatola e ho rovistato tra i disegni di quando avevo su i 34 anni e, nei vecchi oggetti, ho trovato i miei primi spartiti del pianoforte e lì mi sono venuti ancora gli occhi lucidi. Facendo un profondo respiro ho sfilato da sotto la scatola “Libri universitari”, che ho guardato con uno sguardo misto tra orrore e terrore, la scatola “3^ media”. Bella botta, proprio una bella botta al cuore ritrovare i quaderni pieni zeppi di “Ti amo” dedicati al mio primo vero e proprio ragazzo, foto sul diario, dediche degli amici, frasi dedicate al mio migliore amico, alle mie amiche o semplici annotazioni di frasi che mi avevano colpito tratte da libri che avevo letto, testi o canzoni, e ancora date segnate in rosso e gli auguri nelle pagine dei vari compleanni. Anche lì ho riprovato per qualche minuto quello che ho provato agli inizi di agosto, poi alla fine di ottobre e infine a gennaio, quando mi sono lasciata con lui. Lì ho pianto, ho pianto davvero per qualche secondo, nel rivivere certi momenti, ma poi mi sono ricomposta e ho continuato ad esplorare.
La cosa più bella è stata rileggere, segnati sul diario, gli orari degli incontri di musica della terza media, i giorni dei viaggi scolastici, le note prese soprattutto dalla professoressa di matematica, riaprire i quaderni e vedere gli esercizi che facevo fino a qualche mese fa, trovare le prime bozze della tesina e guardare i disegni fatti tra le righe dei libro di geografia e storia: i tipici baffi disegnati sul volto dei personaggi oppure il pugnale disegnato in testa a Hitler. Qui ho riso come un’isterica. Mentre frugavo in quella scatola ho inaspettatamente trovato il libro di francese della seconda media che stavo cercando. Era finito per sbaglio nella scatola della “terza”, l’ho preso e dopo aver rimesso tutto a posto ho esitato un attimo prima di richiudere tutto, ma poi ho sospirato e ho rimesso lo scatolone nello scaffale. Ho appoggiato la schiena e la testa negli scatoloni dei CD di mio padre e prima di rialzarmi dal pavimento ho riletto velocemente tutte le etichette: “ogg. Scrivania ©hia”, “Giochi”, “Prime foto”, “Barbie”, “Cicciobello”, “quaderni elementari: prima, seconda, terza, quarta, quinta”, “Libri e quaderni medie: prima, seconda e terza”.
Ho chiuso gli occhi davanti a tutta la mia vita e per un attimo avrei voluto riprendere tutto, riportare tutto a casa, ogni cosa, ogni minima cosa, anche la più piccola; volevo essere di nuovo circondata da tutte le età che ho avuto, non volevo lasciare lì la mia vita. E guardando il libro di francese che avevo in mano, il libro che dovevo vendere, mi sono resa conto di non volerlo più vendere. Ho capito che sarebbe stato come vendere una parte di me che custodisce il ricordo della mia prof. di francese, di quell’anno fantastico. Di lì a poco quella roba sarebbe stata buttata via. Tutta quella roba nelle scatole avrebbe smesso di essere mia. Non volevo vedere andar via i miei ricordi, tutti quegli oggetti che hanno creato quella che sono, quegli oggetti che raccontano i miei cambiamenti nel tempo. Non volevo lasciarli lì, tutti soli. Alla fine ho appoggiato il pupazzetto, ho stretto il libro a me, mi sono alzata e guardando quegli scatoloni ancora una volta sono andata via chiudendo la porta a chiave, che ho nascosto gelosamente nella mia borsa.
Fuori dalla porta dello sgabuzzino mi sono detta: “Ecco come che ci si sente seduti davanti alla propria vita”.

©hia

(Il racconto è stato pubblicato da Sestu Roaleded nella rubrica “I ragazzi raccontano, racconti brevi e poesie”, il 3 settembre 2012)

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