19 Marzo 2024
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Su per il colle Sant’Elia

Si sale su per questo colle

impervio e aspro

di bianco calcare.

Il silenzio accompagna

il garrire dei gabbiani

e il gracchiante volteggio

delle modeste cornacchie.

Di questi giorni,

al principio dell’erta,

una di esse giaceva

come un cristo ad ali aperte,

il becco al cielo

che un tempo dominava,

e gli uomini ne scansavano

il sembiante

come un oscuro presagio

di voli e cadute.

Ai primi tepori

della stagione giovane

il colle esplode

di floreali livree

e di risvegli arborei.

Il viola si trasfigura

nelle timide globularie,

vestali sacerdotali

in cespugliosa fratellanza

rivolte al mare

come a ricercarne

il profumo salmastro.

Si sale e il passo affatica

tra il vestito carioca

delle euforbie,

gli austeri ginepri,

il bianco fiore

del rustico asfodelo,

resistente compagno

di povere lande.

Si sale, si cicaleggia del mondo,

di affetti vicini e lontani

nello spazio e nel tempo,

i più esperti giocano con la memoria

a classificare le specie

che mutano alle stagioni

e ogni  volta è come fosse la prima.

Poi, su in cima,

come grande epifania

azzurra e immensa

si apre l’orizzonte,

I pensieri divagano

al respiro del vento,

evocando presenze

di un tempo non lontano,

come fosse oggi.

Qui tra le antiche pietre

un tempo Astarte,

la dea marinara,

osservava i naviganti,

e li proteggeva

dalle ire dei marosi.

E come allora anche noi

osserviamo il riverbero

caleidoscopico del mare,

e quella nave lontana

quasi ferma e minuscola

nell’immenso,

che va non so dove,

come noi, verso quale destino.

Affanno dell’uomo

e leggerezza del gabbiano

tra falesie e dirupi…

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1 commento

  1. Bella e intensa poesia che ci invita a riflettere sulla condizione umana.
    L’autore, passeggiando per “l’impervio colle”, ammira l’esplosione di colori e profumi della “stagione giovane”. E’ il risveglio della Natura che si scrolla di dosso il pesante fardello invernale. Mentre il pensiero ritorna con nostalgia agli “affetti vicini e lontani” , improvvisamente appare il mare. L’immagine di ” una nave lontana quasi ferma e minuscola nell’immenso”, spinge il poeta ad una profonda riflessione. Anche noi, come quella nave, proseguiamo il nostro viaggio con i nostri affanni senza poter conoscere il nostro destino, mentre desidereremmo librarci in volo con “la leggerezza del gabbiano tra falesie e dirupi”.

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