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Liliana Segre “Il mare nero dell’Indifferenza” a cura di Giuseppe Civati ( Edizioni people, 2019)

Nella tarda estate del 1938 Liliana Segre, oggi senatrice a vita, apprende, dal suo amato padre Alberto, che era stata espulsa dalla scuola in quanto ebrea e che non avrebbe potuto iscriversi e frequentare, come tutte altre compagne, la terza elementare. Orfana di madre dal primo anno di vita, Liliana ha otto anni. Nel suo stupore infantile non riesce, non può, darsi una spiegazione di quanto le accade. Non può capire il perché, da un giorno all’altro, le sue compagne, le amiche dei suoi giochi, i vicini di casa, la sua stessa maestra le facciano terra bruciata, la trattino come un’estranea da evitare, la additino con “vedi..quella è la Segre, l’ebrea”.

Non poteva, a otto anni, capire il perché delle leggi razziste che il fascismo emanò nel settembre del ’38, anticipate e teorizzate dall’aberrante “Manifesto degli scienziati razzisti”, pubblicato sul “Giornale d’Italia” il 14 luglio 1938.

A 80 dalla sua emanazione, il 27 maggio 2018, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, dichiarò che «Il “Manifesto della Razza” firmato da professori, medici, intellettuali, venne fatto proprio dal fascismo il 25 luglio di 80 anni or sono. Questa presa di posizione rimane la più grave offesa recata dalla scienza e dalla cultura italiana alla causa dell’umanità”. L’aberrazione consistette e consiste nel voler dare basi scientifiche e biologiche al razzismo. Da quel momento, a cascata, furono emanati tutti i provvedimenti successivi, in forma di Leggi o Decreti Regi, che segnarono la vita di tanti cittadini di origine ebraica, spinsero l’Italia all’alleanza con la Germania nazista e alla catastrofe della guerra.

Da quel momento per Liliana comincia un inferno di avvenimenti, che la portarono ad essere espulsa dalla scuola, clandestina, richiedente asilo in Svizzera (rifiutato), carcerata a San Vittore, deportata ad Auschwitz il 30 gennaio 1944 sul convoglio RSHA numero 6. Arrivata al campo con il suo papà il 6 febbraio, si salutarono per l’ultima volta. Non lo avrebbe più rivisto. Alberto Segre sarebbe morto tre mesi dopo nel lager, il 27 aprile 1944.

Quanto impiega un essere umano a diventare donna o uomo? Quanto per passare da bambina a donna? Quanto per passare dalla carne alla cenere? Ad Auschwitz il tempo era attimo, ma poteva essere infinito. Liliana Segre ricorda nel suo libro “Eravamo in 605 sul convoglio che raggiunse Auschwitz. Per oltre la metà donne. Fummo scelti per la vita in 128: 31 donne e 97 uomini”

Di quei 601 tornarono in 20, Liliana Segre è tra questi.

Il libro racconta di questo tempo dilatato, del tempo nel tempo nel treno, dei pianti dei bambini, delle preghiere di chi aveva fede, della disperazione dei più, e infine del Silenzio “delle ultime cose”, come lei lo definisce, poco prima di arrivare a destinazione.

Nella recente e intensa testimonianza del 20 gennaio scorso riservata agli studenti, trasmessa in tutta Italia in video streaming dal sito del Corriere della Sera, Liliana Segre rievoca quei momenti. Lei teneva stretta la mano del padre, i loro sguardi che si cercano e si incontrano nella penombra del vagone, le scuse del padre per averla fatta nascere “In quei momenti – dice la Segre con un sentimento che forse solo una donna può esprimere – mi sono sentita figlia, sorella, sposa e madre di mio padre”. Poi ancora: il tempo nel tempo nel lager, la lunga marcia della morte da Auschwitz, liberata dall’Armata Rossa nel gennaio 1945, fino al campo di Malchow nel nord della Germania nel maggio successivo, e infine la libertà e la gioia incontenibile.

Il libro di Liliana Segre è un libro di memorie e di Memoria, il cui titolo contiene la parola chiave dell’indifferenza, più volte ripetuta, e che fu tra le cause delle tragedie di allora, quando era bambina e adolescente, e può esserlo dell’oggi. Non è un caso che tale parola, INDIFFERENZA, campeggi all’ingresso del Memoriale della Shoah di Milano, nei pressi del Binario 21, da cui partirono, tra il dicembre 1943 e il gennaio 1945 una ventina di convogli stipati di ebrei e di oppositori politici verso Auschwitz.

“Il razzismo e l’antisemitismo – ripete spesso Liliana Segre – non sono mai sopiti, solo che si preferiva nel dopoguerra della ritrovata democrazia non esprimerlo. Oggi è passato tanto tempo, quasi tutti i testimoni sono morti e il razzismo è tornato fuori così come l’indifferenza generale, uguale oggi come allora quando i senza nome eravamo noi ebrei. Oggi percepisco la stessa indifferenza per quelle centinaia di migranti che muoiono nel Mediterraneo, anche loro senza nome, e ne sento tutto il pericolo”.

Tonino Sitzia

Gennaio 2020

Il libro di Liliana Segre sarà presentato a Elmas il 3 febbraio 2020 alle ore 17.00, nel Teatro Comunale di Via Goldoni. Per l’occasione gli studenti della III B del Liceo Classico Scientifico, che hanno lavorato sul testo coordinate dalla Prof.ssa Simonetta Partolino e in collaborazione con Equilibri, Circolo dei Lettori di Elmas, leggeranno brani del libro da loro scelti.

 

 

 

 

 

 

 

 

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