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Francesco Filippi “Mussolini ha fatto anche cose buone! – Le idiozie che continuano a circolare sul fascismo” Bollati Boringhieri, 2019 (Recensione a cura di Tonino Sitzia)

Perché tornano i fantasmi del passato? Perché tali fantasmi si materializzano in un presente possibile, quando dovrebbero essere, in quanto passato, oggettivamente riconosciuti per quello che “sono stati”, per quello che “hanno fatto”, per un giudizio storico, morale e civile che dovrebbe essere acquisito e condiviso una volta per tutte?

Ricordare che “questo è stato” (Levi) dovrebbe essere l’antidoto per qualsiasi nostalgica giustificazione del fascismo, un imprescindibile esercizio di memoria attiva per guardare in avanti a dare un senso alle parole libertà, giustizia, uguaglianza, fratellanza.

In tempi di sovranisti e di destre xenofobe e razziste, il fascismo, come le teste di Idra, torna di moda. Se ne dibatte e se ne parla in tanti modi: nei romanzi, vedi “M.Il figlio del secolo” di Antonio Scurati, recente vincitore del premio Strega, nei pamphlet polemici (Michela Murgia “Istruzioni per diventare fascisti!”, Einaudi), nel recupero di saggi ormai classici (Matteotti, Tasca, De Felice, Bidussa, Eco “Il fascismo eterno”), e altri.  Ma se ne parla soprattutto nei social media, in quel mare magnum di Internet, dove si trova di tutto, in quella sorta di broda informativa, dove tornano simboli, croci uncinate e saluti romani, propaganda dozzinale, linguaggio aggressivo, che, interferendo con le nostre esperienze ed emozioni, incidono sulla percezione del passato, e dove le bugie si diffondono come verità.

Se le bugie dette da bambino o da un adulto in modo estemporaneo possono essere passeggere e dunque innocue (seppure riprovevoli), altra cosa sono le fake news sui fatti storici, perché, sostiene Francesco Filippi nel suo libro “Mussolini ha fatto anche cose buone” (Bollati Boringhieri, 2019) “avvelenano l’immenso campo di esperienze, valori ed emozioni su cui costruire l’immagine del passato”.

Suona un po’ sinistra l’affermazione attribuita a Joseph Goebbels, ministro della propaganda del terzo Reich: “Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte, e diventerà una verità”. Filippi, storico trentino che si occupa di, formazione, didattica storica, con particolare interesse per le ideologie e i movimenti sociali del Novecento europeo, riporta un frammento di un saggio di Marc Bloch (uno dei più grandi storici del Novecento, fucilato dalla Gestapo nel marzo del 1944) dal titolo “La guerra e le false notizie, ricordi e riflessioni” in cui   egli afferma che “l’errore (il falso storico) si propaga, si amplia, vive infine ad una sola condizione: trovare nella società in cui si diffonde un terreno di cultura favorevole. In esso gli uomini esprimono inconsapevolmente i propri pregiudizi, gli odi, le paure, le proprie forti emozioni…”.

Il libro di Francesco Filippi si pone questo obiettivo: smontare con le armi della storia e con il metodo della storia (le fonti e i documenti) le bufale più smaccate, le fake news su Mussolini e sul fascismo, perché oggi in Italia sembra esserci un “terreno di cultura favorevole” a dimenticare uno dei periodi più feroci e sanguinari della Storia d’Italia e del XX secolo, perché reiterare l’affermazione “Quando c’era Lui”, al di là del risvolto satirico, può significare una “rassicurazione sul passato e una velata minaccia sul presente “se ci fosse Lui…o ancora più chiaramente “Quando tornerà lui…o uno che gli assomigli”.

Il libro prende in esame i più comuni luoghi comuni, quelle “idiozie che comunemente circolano sul fascismo”, sottoponendole al vaglio dell’analisi fattuale. Farò alcuni esempi, tra i molti presenti nel libro, per suscitare nel lettore la curiosità e la voglia di approfondire.

Il primo: “Mussolini ha dato le pensioni agli italiani”. Fu dunque “previdente” e “previdenziale”. In realtà il sistema previdenziale in Italia venne avviato dal riformismo della sinistra storica di Crispi (regio decreto 11 febbraio 1895, n.70) e assunse valenza universalistica sotto il governo liberale di Vittorio Emanuele Orlando. Il 23 aprile 1923 il Ministero del Lavoro e della Previdenza venne abolito: l’autonomia dell’ente si trasformava in un “pezzo” della macchina accentratrice del governo. Nel 1933 (Decreto legge 27 marzo 1933, n.371) la Cassa Nazionale per le Assicurazioni Sociali diventava “Istituto Nazionale Fascista della Previdenza Sociale” (INFPS). La struttura dell’Ente venne verticalizzata: a dirigerlo non più un Consiglio d’Amministrazione, che nominava il suo Presidente, ma un “super presidente” nominato dal capo del governo. Filippi: “l’apposizione del termine Fascista fu un tentativo propagandistico di impossessarsi di quello che nei fatti era stato il frutto di decenni di contrattazioni e lotte sindacali, di riforme dei governi liberali e di iniziative delle associazioni di categoria dei lavoratori”.

Un altro tema di propaganda, quasi un mito inattaccabile, è quello delle bonifiche “tutto si può dire, ma non potete negare che le bonifiche le ha fatte lui!”. Il recupero ad uso agricolo di tante aree malsane del paese, la lotta alla malaria, piaga atavica dell’Italia, è stata oggetto di interventi nel corso dei secoli a partire dai romani, fino al primo intervento organico, del 1878 (Legge 11 dicembre 1878, n. 4642), poi quello del 1905 (Regio Decreto 10 novembre 1905, n.647) alla base di tutti quelli del Novecento. Il fascismo affidò la “battaglia delle acque” all’economista Serpieri, che avviò una politica degli espropri contro il grande latifondo nelle aree malsane che suscitò proteste tali da rendere inefficace il provvedimento (e le dimissioni del ministro). Nel 1926 l’opera delle bonifiche venne affidata all’Opera Nazionale Combattenti (Regio decreto 16 settembre 1926, n.1606): abile mossa che veniva incontro alle aspettative di risarcimento dei reduci della Prima Guerra Mondiale, i quali divennero allo stesso tempo lavoratori socialmente utili e nuove braccia per risanamento agrario delle aree malsane.

Nel 1928, alla vigilia di Natale, venne approvata la Legge sulla Bonifica Integrale (Legge 24 dicembre 1928, 3134), che divenne, nella propaganda del regime, la “Legge Mussolini”: si promisero fiumi di denaro e incentivi a chiunque collaborasse alla grandiosa opera di “redenzione della terra italica”, si crearono nuove città, vedi Littoria (Latina), ma i fondi stanziati furono inferiori ai programmi e nel complesso, per dirla con Renzo De Felice, i risultati raggiunti furono deludenti (R. De Felice, Mussolini il duce, pag.146).

Anche per la malaria i dati richiederebbero ragionamenti più articolati: non si verificò, sul piano statistico, una equivalenza tra bonifiche e riduzione dell’epidemia, anzi il picco di infettività e mortalità della malattia tra il 1931 e il 1932 fu dovuto agli imponenti lavori di sterro e sistemazione dei canali e relativa esposizione delle persone al contagio, senza una adeguata profilassi. La malaria infatti diminuì laddove venne adeguatamente distribuito il chinino per il quale il governo stanziò notevoli risorse. La malaria venne sconfitta solo nel dopo guerra con in fondi del Piano Marshall, con il massiccio uso del DDT importato dagli americani, con gli interventi previsti dalla Cassa per il Mezzogiorno. L’Organizzazione Mondiale della sanità dichiarò l’Italia ufficialmente libera da malaria nel 1970.  

Un ultimo esempio di distorsione percettiva del regime e del suo duce è quella che vorrebbe accreditare un “fascismo dal volto umano”, differenziandolo dal nazismo, quello dei “cattivi” tedeschi. La cosciente soppressione delle libertà civili e politiche, l’omicidio dei più alti dirigenti politici dei partiti (vedi Matteotti, Gramsci, Gobetti, i fratelli Rosselli), o il loro esilio, la politica coloniale di stampo razzista, l’intervento nella guerra civile spagnola a fianco del generale golpista Francisco Franco, l’uso indiscriminato della violenza e delle armi chimiche in Libia e in Etiopia, le leggi razziali del ’38, sono più che sufficienti a definire il fascismo per quello che è stato: non una blanda dittatura da operetta, così da autorizzare operazioni di autoassoluzione, ma un vero regime autoritario e dispotico, che portò l’Italia ad una devastante avventura bellica (Stime del Ministero della Difesa, 1957) che causò 472.000 morti, di cui un  terzo civili, e con cui ancora oggi bisogna confrontarsi perché, sostiene Francesco Filippi “La base di un possibile futuro totalitario passa anche dalla riabilitazione del passato totalitario. Mostrare la realtà di quel passato è un primo passo per evitare che quel passato diventi futuro”

 

Recensione a cura di Tonino Sitzia

Luglio 2019

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1 commento

  1. Davvero puntuale questa recensione di Antonio Sitzia del libro “Mussolini ha fatto anche cose buone” di Francesco Filippi edito da Bollati Boringhieri.
    Non mi sembra una buona scelta quella di dare al libro come titolo uno di quei ‘luoghi comune’ che, giustamente, s’intende confutare e stigmatizzare.
    Si poteva evitare anche questa -così potrebbe diventare- involontaria propaganda: nelle vetrine delle librerie, negli annunci pubblicitari, quel titolo potrebbe essere scambiato per benevolenza nei confronti di Mussolini e del fascismo …
    Quanti hanno letto, quanti leggeranno il libro? Punto dolente in un Paese di pochi libri letti a fronte d’altri Paesi europei. A che punto l’insegnamento della storia nelle nostre scuole? Considerando poi l’alta percentuale di abbandono scolastico.
    In questa situazione si può star certi che continueranno a pullulare falsi storici e ingannevoli ‘luoghi comune’.

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