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Luciano Canfora “La scopa di Don Abbondio”, Editori Laterza, 2018 (recensione di Tonino Sitzia)

Luciano Canfora, professore emerito dell’Università di Bari, dove è stato per anni Ordinario di Filologia greca e latina, filologo e storico italiano tra i più letti e tradotti nel mondo, autore di numerose pubblicazioni inerenti il mondo classico greco e latino, continuamente interrogati per capire il presente, pubblica per gli editori Laterza “La scopa di Don Abbondio”. È un libro che ha i caratteri del saggio breve e snello, appena 71 pagine più 26 di appendice documentaria, ma anche di pamphlet polemico contro chiunque abbia una visione dogmatica e deterministica della storia, siano essi i pessimisti e cupi assertori del tanto non cambia mai niente e tutto si ripete come prima, sia gli ottimisti assertori delle magnifiche sorti progressive  dell’umanità (Leopardi, La Ginestra). Il terribile Novecento ci ha consegnato sia democrazie imperfette che socialismo burocratico e autocratico: dunque, senza farci troppe illusioni è bene prendere atto, ed è questo il concetto su cui ruota tutto il libro, che la storia si muove a spirale secondo un moto che si qualifica come un “tornare indietro e ricominciare «a grado a grado»” (pag.71), anche se “nessun ritorno è davvero un ritorno al punto di partenza e nessuna restaurazione è davvero tale” (pag. 48).

Per spiegare tali concetti, che derivano secondo lui da una sana lezione di storicismo, Canfora dedica uno dei capitoli, il settimo, a “Le rivoluzioni”. Potrebbe sembrare un paradosso ma esse, da sempre, non fanno altro che ripetersi, seppure in forme che si adattano alle epoche diverse, alle condizioni economiche e culturali in cui si manifestano, così che si può dire che “la rivoluzioni incarnano in realtà sempre la stessa rivoluzione” (pag.43). Perché esse sono frutto di uno stato di necessità? Perché rispondono ad una perenne istanza: la spinta verso l’eguaglianza. Canfora, da buon grecista, cita Erodoto “la parola più bella è ciò che è uguale per tutti”. Poi subentrerà una nuova ineguaglianza e poi una nuova resa dei conti. L’esempio, uno dei molti che egli cita, è quello dei principi dell’89, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo: cent’anni dopo l’Europa, che aveva sancito quei principi, scatenava la prima Guerra Mondiale, si spartiva le colonie, perpetuava lo schiavismo, creando le condizioni di una nuova scopa che spazzi via ciò che ha tradito le speranze precedenti. Così è successo per la congiura degli Eguali di Babeuf (1796), per Cavaignac, repubblicano doc che sparò sugli operai socialisti nel 1848, così è successo ai Ciompi, o a Spartaco, che guidò la rivolta degli schiavi contro la Repubblica di Roma nel 71 A.C, oppure a Tiberio Sempronio Gracco, il Tribuno della plebe (133 A.C) che volle una lex agraria per la ridistribuzione delle terre ai contadini poveri di Roma, e che in un discorso riferito da Plutarco disse “Persino gli animali hanno una tana per dormire, non i nostri contadini italici”. Non si adatta, forse, questa frase, alla condizione di tanti lavoratori di colore che lavorano nei nostri campi di pomodori. Molti di essi, ormai italici perché lavorano da anni in Italia, non hanno una tana per dormire, né alcun diritto che li tuteli come esseri umani.

A proposito di ritorni, e di moti della storia a spirale, Canfora fa delle veloci ma non meno profonde e polemiche riflessioni sui tempi dell’oggi: la presidenza Trump evoca il rischio, più che mai concreto di un certo Fascismo americano, plasticamente e simbolicamente rappresentato dal rapporto leader/popolo, quando al richiamo del presidente che chiede cosa fare per fermare i messicani che vogliono entrare negli USA, la folla risponde”Fai il muro!”. Come non ricordare le adunate oceaniche di Piazza Venezia o le mistiche adunate ai richiami del Führer. Il rischio del fascismo americano, del fascismo democratico, era stato già paventato da Thomas Mann in un celebre  discorso al Peace Group di Hollywood del 1948 (riportato per intero in appendice pag.83). La spirale del fascismo (titolo del cap.2) soffia nell’Europa della UE, prona alla finanza, da cui i movimenti della Lega di Salvini o del Front National della Le Pen, o di altri movimenti di destra che crescono in tutti i paesi europei, complice l’imbelle Sinistra, che ha smarrito tutti valori per cui era nata, abbracciando il neoliberismo.

In una situazione di generale grande crisi, e di apparente stallo, la talpa della storia lavora. Le parole di Don Abbondio nel capitolo XXXVIII dei Promessi Sposi, e che danno il titolo al libro di Canfora sono “E’ stata un gran flagello questa peste; ma è anche stata una scopa; ha spazzato via certi soggetti, che, figliuoli miei, non ce ne liberavamo più” Ci sarà un rimescolamento delle carte, nuovi soggetti subentreranno ai vecchi, nuovi rapporti di forza, a ribaltare ogni idea preconcetta di storia.

Luciano Canfora riporta in appendice (Pag.81) una pagina del Diario di Pietro Nenni, datato 13 settembre 1976. Nenni ricorda la morte di Mao, avvenuta il 9 settembre, e richiama l’invito che lui fece sul letto di morte ai giovani cinesi: “ricordarsi di Yu Kung”, il contadino che sosteneva di come le montagne più alte si possono abbassare a colpi di zappa, con il lavoro delle generazioni. Nenni ne ricava che “Le iniquità sociali sono alte e potenti, ma non è detto che non possano essere abbattute…anche queste cadranno sotto i colpi di zappa di una rivoluzione che per essere vera ha da essere permanente”.

 

Recensione di Tonino Sitzia

8 gennaio 2019

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