Guido Fontanelli – La guerra della plastica

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LA GUERRA DELLA PLASTICA

La guerra della plasticaun materiale straordinario o un nemico da combattere? di Guido Fontanelli, è un libro che ci avvicina ad un tema scottante e molto attuale, quello della plastica. Il libro ci guida in un viaggio con interviste a esperti, ambientalisti, manager e imprenditori, che inizia dalla storia della plastica e termina con l’affrontare le possibili soluzioni per combatterla.

Che sia fatto di Moplen. Chi è nato negli anni cinquanta ricorda con simpatia le scenette e il volto di Gino Bramieri che durante il Carosello suggeriva “Ma signora, guardi ben che sia fatto di Moplen!”. Da quel periodo fino a oggi si è fatto un enorme consumo della plastica. Attualmente è presente dappertutto: nelle case, nelle macchine, nell’abbigliamento, negli imballaggi e perfino nei cosmetici e nei detersivi. È un materiale leggero, poco costoso e quasi indistruttibile e il suo largo consumo a fatto sì che oggi ne siano pieni i fiumi, i laghi e i mari.

La storia della plastica. Il libro racconta nei tratti essenziali e con grande chiarezza le fasi iniziali della scoperta della plastica fino all’utilizzo che ancora oggi viene fatto di questo prodotto. Un ruolo importante è stato svolto dagli italiani: dal genio di Natta, un chimico che negli anni cinquanta scoprì la plastica che portò al materiale Moplen, al genio degli scienziati italiani che negli anni novanta, all’interno della Montedison, scoprirono per primi le “bioplastiche”. Dal libro emerge quanto siano state apprezzate le peculiari caratteristiche della plastica tradizionale, quali la leggerezza, la resistenza e il basso costo. Il suo grande successo ha determinato un largo, diffuso e incontrollato consumo. Purtroppo, essendo “indistruttibile”,  ha portato alla formazione di vere e proprie “isole della plastica” galleggianti negli oceani e ricoprenti grandi superfici. Il libro racconta anche come la plastica, in forma di microparticelle, venga ingerita dai pesci e, attraverso la catena alimentare, arrivi fino a noi. Importanti interventi tecnologici sono rivolti al recupero e alla distruzione di queste “isole”, ma nonostante il grande dispendio di energia, attualmente si tratta di esperimenti molto limitati e parziali e con il risultato collaterale di distruggere la flora e la fauna presente negli agglomerati. La tecnologia attuale pare avere maggior successo nella costruzione di supporti filtranti che, posizionati lungo i fiumi, ostacolano lo sversamento della plastica in mare.

Il riciclo della plastica e della bioplastica. Anche la problematica del riciclo della plastica è piuttosto complessa. Occorre selezionare e suddividere i diversi tipi di plastica formati da componenti (monomeri e polimeri) differenti e ciò richiede un lavoro specialistico. Basti pensare che le bottiglie di plastica non possono essere riciclate in altre bottiglie, ma i loro componenti di base (polietilenossido, PET) possono essere quasi esclusivamente usati per produrre tessuti.

La bioplastica, alternativa alla plastica tradizionale, è meno resistente e più costosa, ma interamente riciclabile e può essere sintetizzata a partire da mais e fibre vegetali e/o dai rifiuti organici (compost) e non dal petrolio. La bioplastica per non essere inquinante non deve essere semplicemente biodegradabile ma interamente compostabile, “cioè trasformata in anidride carbonica (CO2), acqua e sostanze organiche umificate, cioè decomposta come le foglie in un bosco”. La bioplastica in tal modo può essere unita ai rifiuti umidi. Bisognerà quindi progettare i prodotti in modo che sia più facile riciclarli, per esempio modificando gli imballaggi ed evitando i contenitori che abbiano strati di materiali diversi. Il tempo necessario per la distruzione della bioplastica va tra quattro mesi a un anno, mentre nel frattempo i sacchetti tradizionali ottenuti dal petrolio restano del tutto integri. Le indagini dimostrano che la degradazione della bioplastica non genera sostanze tossiche. Tuttavia, è importante sottolineare che questo non può essere un alibi per abbandonare le bioplastiche nell’ambiente, in quanto anche queste devono essere raccolte e riciclate. “Le bioplastiche sono un’invenzione straordinaria ma non salveranno il pianeta. Non nei prossimi anni almeno. Per ora la loro produzione è una goccia nel mare dei polimeri di origine fossile”. Le parole chiave sono dunque ridurre, riutilizzare e riciclare.

Possibili soluzioni? E’ più che mai necessario arrivare ad informare la gente, a formare movimenti di opinione che facciano pressione sulla politica e portino i Parlamenti a legiferare in modo da dare nuove regole. Finora sono stati presi provvedimenti a macchia di leopardo da singoli Paesi e città. A dare speranza è stata l’iniziativa del Parlamento europeo, che ha approvato una direttiva che impone il divieto di commercializzare prodotti di plastica monouso a partire dal 2021. Ma ancora… si potrebbe per esempio promulgare una legge per eliminare la plastica dai dentifrici o dalle creme, che possono usare la bioplastica al suo posto. Si potrebbero obbligare i produttori di lavatrici a installare filtri speciali. In paesi meno sviluppati del nostro l’emergenza rifiuti è ancora più pressante in quanto molta della nostra plastica, dopo essere stata raccolta, finisce proprio nei Paesi più poveri che non sanno dove metterla. Nel libro vengono esaminate le possibili alternative alla plastica: bioplastica, carta e vetro, per sottolineare vantaggi e svantaggi legati alla loro produzione e utilizzo, ma tutte possiedono “un lato oscuro”. Si conclude infine evidenziando la necessità di riporre fiducia nella ricerca scientifica e tecnologica e in una legislazione più chiara ed efficace, che conduca verso “un mondo con meno rifiuti e con un minor consumo di idrocarburi”

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