Milena Agus, Luciana Castellina “Guardati dalla mia fame” Edizioni Nottetempo, 2014
Andria 7 marzo 1946, tardo pomeriggio. Nella piazza del municipio una folla di braccianti, quelli “che a ogni alba si vendono al mercato umano nella piazza accanto, piazza Catúma, stretta fra i palazzi dei Ceci e degli Spagnoletti, famiglie da tempo riparate a Roma e a Napoli”, manifestano per il lavoro e per il pane. Il clima, già da qualche giorno, a segnare il perenne conflitto tra agrari e braccianti, una costante della questione meridionale, è esplosivo: a partire dalla giornata del 5 marzo fino al 7 si contano morti e feriti, quattro civili e tre carabinieri. Ma è questo il clima che si respira nella rossa Andria, e nelle Puglie, ormai da tre anni, in quella che alcuni storici hanno definito la “guerra civile” delle Puglie dal 1945 al 1948.
Il libro, con altrettanta maestria, grazie a Milena Agus, indaga sulla vita, sui sentimenti, reconditi e talvolta inconfessati, o manifesti solo nei sogni, delle sorelle Porro, attraverso la voce di un’amica che, nella finzione narrativa, parla e racconta di loro. Siamo in pieno terreno letterario, laddove la Storia, seppure necessaria, non può arrivare. La Agus si è servita, lo dice nella nota introduttiva, dei documenti dell’epoca, ma soprattutto della sua immaginazione e aggiungo della sua sensibilità di donna. Milena Agus si muove a proprio agio sul terreno del privato femminile. Come in altri suo libri si nota la simpatia e l’empatia per i personaggi. Le sorelle Porro certo erano ignare delle lotte tra patrizi e plebei, di Menenio Agrippa, delle jacqueries, dei servi della gleba, o dei fatti di Bronte raccontati da Verga, ma quando mai non avevano mai pensato di essere abbracciate da un uomo? La loro frugalità le impediva perfino di godere della indubbia ricchezza, il loro linguaggio monotono temeva l’iperbole e il cambio di tono, e se l’amica diceva “Mi si sono intrecciate le budella” (pag.20) loro abbassavano lo sguardo. Certo la loro fu “un’esistenza color grigio topo, sempre uguale, mai uno strappo alla regola”. Eppure la loro tragedia, che in quegli anni varcò le cronache regionali, e ancora oggi è in parte sconosciuta, meritava di essere raccontata. Intanto mentre altri e nuovi affamati lavorano nei campi delle Puglie fanno riflettere le parole del grande poeta palestinese Mahmud Darwish, che Milena Agus cita nell’epigrafe ad inizio del libro:
Scrivi in cima alla prima pagina:/ Non odio la gente,/ né la invado./ Ma se mi affamano/ la carne dell’usurpatore sarà il mio cibo./ Guardati…/ Guardati/ Dalla mia fame/ E dalla mia ira»
Tonino Sitzia