14 Maggio 2024
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Viaggio nel Grande Nord cileno – Viaggio in tre puntate (III)

Il mercato di Tacna
In uno dei luoghi più aridi del pianeta il deserto di Atacama allunga i suoi infuocati artigli oltre i confini del Norte Grande cileno, nel sud del Perù, e fino alle alture occidentali del territorio boliviano.
Diversi bus e taxi privati collegano Arica, la città più settentrionale del Cile, a Tacna, la città più meridionale del Perù, lungo una strada che ad occidente lambisce le lunghe spiagge del Pacifico e a oriente fiancheggia il deserto. Molti cileni e turisti si recano nella città peruviana per fare spese e acquisti, dati i prezzi decisamente convenienti dovuti ai vantaggi della Zona Franca.
Nell’attraversare le frontiere di Chacalluta e di Santa Rosa che dividono i due paesi andini un complesso rituale si ripete tutti i giorni. Già nei bus, in entrambe le direzioni, moduli da compilare per dichiarare generalità, paese di provenienza, numero del passaporto o del documento di identità. Poi i severi doganieri controllano i documenti, passano al setaccio le borse e valigie, mostrando un particolare rigore nel controllo di alcuni prodotti, soprattutto sementi, frutti, carni, che non possono essere importati in Cile o in Perù dai comuni viaggiatori e dai turisti. Ciò è dovuto alle rigide norme fitosanitarie del SAG (Servicio Agricola y Ganadero – Servizio per l’Agricoltura e l’Allevamento sui prodotti di importazione).
Queste lande desolate, forse dimenticate da Dio ma non dagli uomini, furono abitate per molti secoli dagli Atacameni e dai Chango. Essi, credendo in un’altra vita dopo la morte, mummificavano i loro morti assai prima degli Egizi, furono sottomessi dagli Incas tra la fine del XV° e i primi decenni del XVI° secolo, e poi dai Conquistadores.
Coltivavano fagioli, mais, patate e coca, allevavano i lama, da cui ricavavano la lana, decoravano le loro terracotte che commerciavano con i loro vicini. I contadini andini, ieri come oggi, scendono dalla Cordigliera per vendere i loro prodotti a Tacna nel mercato che ci viene indicato come una feria mas barata.
In una lunga strada che sembra non finire mai, da ambo i lati e al centro, sacchi di farine variopinte, granaglie, patate di diversa qualità, frutta esotica, erbe aromatiche, tappeti multicolori, sono esposti e venduti dalle donne andine, le vere regine del mercato, con i loro volti cotti dal sole, le loro mani screpolate color di terra, i loro cappelli a bombetta da signore civettuole, le loro gonne variopinte.
Le vedi camminare per le strade con una particolare e colorata coperta sulle spalle da cui spesso spunta una testolina di bambino che sta bene lì dentro come nel ventre materno.
Hanno tratti indi, sono aymara o chequa, a richiamare i moderni cileni o peruviani sulle loro lontane origini. In terra, sopra un semplice tappetino o tela di plastica, sono depositati i sacchi con i più diversi prodotti: vedi scorrere i nomi dei grani, delle farine o della frutta e cerchi di riconoscerne la specie per assonanza o somiglianza linguistica con la lingua sarda, contaminata anch’essa da quattro secoli di dominazione spagnola. Il più delle volte, però, non ce la fai: harina de maiz, soya tostata, cebada tostata, soya de leche,, harina de quinua tostata, algarrobina, harina de habas, kañihua, panamito, trigo mate, alberjita, lentejita bebe, lenteja. E poi tanta frutta: avocado, tumbo, maracuja, palta, cherimoja, platano…
L’esposizione del trigo e delle harine è interrotta dalle bancarelle dove si vendono sciarpe, tappeti e maglioni di alpaca, e dalle piccole macellerie volanti dove polli spennati con le zampe all’aria attirano i compratori. Non mancano piccoli box dove, all’aperto, ribollono nei fornelli da campo tegami con sope profumate, intingoli con patate, carote e fegatini di pollo, bistecche cotte alla brace.
Ti siedi in queste cucine improvvisate, sorridi alle persone che al tuo fianco consumano il loro pranzo frugale…e loro ti sorridono…chissà da quale angolo della immensa Cordigliera provengono, a che ora si sono alzate, con i loro sacchi e i loro bambini.
È certo un mercato popolare ed è mas barato y muy rica en humanidad en este caos de colores, aromas, olores, voces y música.

Tonino Sitzia

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