Una decina di anni fa, in occasione di una conferenza sulle launeddas, ho avuto modo sentire parlare, per la prima volta in maniera approfondita, dell’etnomusicologo danese Andreas Fridolin Weis Bentzon e delle ricerche che svolse in Sardegna durante gli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso. A illustrarne il lavoro e a tracciarne il profilo era stato invitato Dante Olianas dell’Associazione Iskandula. Olianas sottolineò in particolare il fondamentale ruolo che Bentzon ebbe nel documentare e salvare dall’estinzione la tradizione musicale delle launeddas. In quegli anni si contavano in Sardegna solo pochi suonatori di launeddas, per lo più dediti all’attività musicale in misura residuale rispetto alla prevalente attività lavorativa svolta nei campi o nelle botteghe artigiane. Bentzon, ascoltando e studiando l’alto livello di elaborazione della musica delle launeddas, dedusse che non doveva essere stato sempre così. Doveva essere esistita, in passato, una società capace di garantire l’esistenza di musicisti professionisti, dediti esclusivamente all’esercizio e allo studio della tecnica dello strumento. A proposito di ciò ricordo che, in quella stessa conferenza, Carlo Pillai disse che l’intuizione di Bentzon era stata confermata da recenti ricerche d’archivio da lui stesso condotte. Numerosi contratti notarili dimostrano infatti l’esistenza, in passato, di una specifica committenza capace di garantire ai launeddisti continuità di lavoro e reddito sufficiente a vivere di musica.
Il materiale raccolto da Bentzon si compone oltreché di registrazioni di musiche e canti, di appunti e note sugli strumenti, sulle persone e le circostanze dell’esecuzione, e di una gran quantità di immagini. Buona parte di questo materiale è stato acquisito dall’Associazione Iscandula che ha ottenuto anche il diritto di copyright sull’intero il materiale prodotto da Bentzon, riguardante la Sardegna, compreso quello non ancora rinvenuto. La principale finalità di Iscandula è quella di promuovere e supportare approfondimenti e studi sempre più specifici e analitici su questo prezioso materiale. Nel filone di pubblicazioni edite da Iscandula si inserisce una recente monografia che – come scrive il suo curatore Marcello Furio Pili nella quarta di copertina – “contiene le tracce del passaggio di A. F. Weis Bentzon a Ottana”. Nel 1958, incuriosito da alcune maschere appese su una parete in casa di un amico, che gli ricordavano quelle provenienti dall’Africa occidentale o dal Congo, Bentzon decide di allontanarsi per un po’ dall’oggetto principale della sua ricerca, le launeddas, e di poggiare la sua lente di ingrandimento sul contesto culturale e sociale da cui quelle maschere provenivano.
Colpisce, nelle fotografie scattate da Bentzon, la sincerità e l’autenticità dello sguardo. Le immagini ritraggono uomini in vestiti tradizionali accanto a persone non mascherate che indossano logore giacchette. Bentzon dunque non rimuove, come accadeva nei più noti reportage fotografici del passato, gli elementi di modernità della scena, rivelando in ciò attenzione rispettosa per il presente e per la storia. Più che ai significati tradizionali del Carnevale – fanno notare Uliano Lucas e Tatiana Agliani nel contributo da essi curato – Bentzon è interessato alle concrete condizioni in cui essa si svolge, in un momento di difficile passaggio verso una modernità ancora tutta da definire. Un approccio onesto di cui oggi avvertiamo la mancanza, di fronte a certe rappresentazioni artificiose del passato, fermato in scatti che appaiono fatti in un tempo imprecisato e in un luogo avulso dal contesto.
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1. Launeddas, Andreas Fridolin Weis Bentzon, a cura di Dante Olianas, Iscandula 2002, si compone di 3 compact disc.
2. Is launeddas. La musica dei sardi, film documentario in B/N girato da A. F. W. Bentzon in Sardegna nel 1962, composto da Fiorenzo Serra e prodotto da Dante Olianas, Cagliari, Iscandula 2006.
3. I canti furono registrati successivamente, nel 1962. Come si evince anche dalle foto, Bentzon tornò più volte a Ottana per brevi e fugaci soggiorni.