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13 Dicembre 2024
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Punto di non ritorno per giustizia e pace?

Ne “Il suicidio di Israele” di Anna Foa, Editori Laterza ottobre 2024, l’autrice approfondisce e analizza il conflitto israelo-palestinese per una comprensione più consapevole della specifica complessità che si è andata intricando in quella terra. Non per giustificare, o assolvere tutti i governi israeliani che si sono succeduti dal 1948 ad oggi. Tanto meno il governo attuale di Netanyahu, a causa del quale, secondo A. Foa, Israele si sta suicidando. Ma tanti sono gli spunti, le precisazioni, le specificazioni in una analisi senza reticenze, contributo a vedere l’ingiustizia, sempre guardando la tragedia in corso e le sue vittime.
Per punti in evidenza alcuni aspetti dell’analisi di Anna Foa.
A) Il rapporto tra movimento sionista e colonialismo. L’analisi conduce ad una pluralità di sionismi, come momenti e movimenti assai diversi lungo la storia. Per quanto riguarda l’immigrazione sionista come forma coloniale, Foa distingue tra le varie fasi del sionismo; mentre Edward Said, intellettuale palestinese citato nel libro, considera tutte le fasi di immigrazione sionista come forme coloniali, sia pure tra loro diverse. E, infatti, Ilan Pappé, storico israeliano, chiama quello sionista colonialismo di insediamento, che ha portato a scacciare gli abitanti già stanziati. Il sionismo, pur lontano dalla cultura coloniale classica, ha finito per assumere l’idea di una superiorità della civiltà europea: Israele come una scheggia d’Europa nel “mondo” arabo. Ma ci sono anche stati, ricorda Foa, nel periodo ottomano e in quello del mandato britannico, aspetti di vita comune tra arabi ed ebrei. Anche relazioni sentimentali e matrimoni misti. Ilan Pappé vede che un processo di pace può avvenire soltanto attraverso una lotta di decolonizzazione.
B) Sull’accusa di apartheid allo stato di Israele, Foa precisa e distingue.
In Sudafrica l’apartheid implicava una separazione totale del mondo dei neri rispetto a quello dei bianchi. Come nel sud degli Stati Uniti ancora dopo la guerra civile. Scuole, autobus, ospedali rigidamente separati. A Haifa la percentuale di studenti arabi all’Università è del 40%, a Gerusalemme l’Università ebraica ha fra il 13 – 15 % di studenti di Gerusalemme est. Ma se si considerano le strade separate per israeliani e palestinesi; le attese dei palestinesi ai check point e altre vessazioni e prepotenze in una rete quotidiana persecutoria, allora una certa condizione, un “sapore” amaro d’apartheid certamente si avverte e pesa.
C) Nel capitolo “Identità”, Foa affronta il mutare di identità degli ebrei. Una identità evolutiva in rapporto alle vicende storiche. E la diversità tra Ebrei europei ed Ebrei orientali. E i diversi modi di essere tra le comunità nel mondo. Con la nascita dello Stato di Israele avvengono mutamenti profondi d’identità. C’è un prima e c’è un dopo. La stessa cosa avviene prima e dopo la Shoah; prima e dopo il processo ad Eichmann. Pagine importanti per capire più in profondo, e di grande interesse.
D) Nell’ultimo capitolo, “Il suicidio di Israele”, Foa si chiede: “non è ormai giunto il momento di guardare e costruire una società civile democratica, di cittadini liberi e uguali nelle loro diversità? E come può uno Stato ebraico, fondato sulla supremazia degli ebrei sugli altri cittadini, garantirla? È questa una contraddizione di fondo tra Stato ebraico e Stato democratico”. Non ci sono alternative: questo è il “passaggio”, irto di difficoltà è dir poco. È dunque necessario intraprendere il “passo” da uno “Stato ebraico democratico” (definizione del 1992) a uno Stato democratico per tutti i suoi cittadini.
Il governo Netanyahu ha come obiettivo quello di sbarazzarsi dei palestinesi e fondare la Grande Israele. Quella che i coloni ritengono data loro in eredità da Dio. Un “diritto” che ha fondamento messianico religioso.
In conclusione le parole di Anna Foa: “il percorso di Israele appare sempre più come un vero e proprio suicidio”. Parole colme di sconforto per un odio reciproco e irriducibile che impregna la Terra di Palestina.

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