19 Marzo 2024
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La forma, l’attesa, la speranza. Incontri di poesia – Roberto Concu

 Non lavorate mai.
Scrivere poesie non è un lavoro;
è un incarico
Michel Houellebecq
da La vita è rara, Restare vivi, Metodo

***

Incontri di poesia al Circolo dei lettori di Elmas Sono trascorsi nove mesi da quando iniziammo gli incontri di poesia. Era il dicembre 2015. Allora, con Angelica cercammo persino un titolo che potesse esprimerne lo spirito, l’essenza. Partorimmo un titolo criptico e perciò altisonante, un po’ radical-chic a dire il vero, ma fondato su due termini che ci paiono essenziali nella poesia: la forma e l’attesa. Potremo cercare di spiegarne il senso, almeno quello su cui noi allora ci focalizzammo. Potremo anche dire che è ispirato a una frase di Christian Bobin, ma lui si riferiva al silenzio come forma dell’attesa della morte.

In realtà, di incontro in incontro ci è stato sempre più chiaro che a dare senso vivo e consistenza a quel titolo erano proprio i poeti che man mano ospitavamo. E da cui siamo stati ospitati. Non tanto i poeti in quanto tali, persone che scrivono versi (e talora li pubblicano, ahi loro), e li leggono a un pubblico più o meno esiguo. Piuttosto ciò che ha donato e dona senso e vita agli incontri è l’atteggiamento di condivisione della propria esperienza poetica, e di ascolto di quella altrui.

Ogni poeta ha aperto la propria casa e ci ha invitato a entrare, sederci e ascoltare in silenzio. Ognuno ha raccontato la sua esperienza di scrittura nella forma che ha ritenuto più opportuna. Chi ha condiviso il suo percorso poetico, raccontando quando e quali situazioni di vita l’hanno portato a cercare se stesso e a esprimersi attraverso la poesia; chi ha letto le proprie poesie; chi ha parlato di uno dei suoi poeti più amati e della passione per la poesia, a dire che anche la lettura è poesia. Anche chi legge è poeta.

Incontro di poesia con Bianca Mannu
Incontro di poesia con Bianca Mannu

Ci ha meravigliato la molteplicità delle forme. Non solo abbiamo riscoperto la dimensione formale della poesia, che, guarda caso, è riemersa anche nell’incontro con Cristina Alziati. La poesia è forma. Ma non forma fine a sé stessa. Lo scrivere in rima, in endecassilabi o nella forma dell’haiku (cinque-sette-cinque sillabe) è una disciplina dell’animo. A ben pensarci ora, forse è anche per questo che ha funzionato il format mensile che da’ a ogni poeta il tempo di venti minuti, sforabili sì, ma non più di tanto.

Ci ha meravigliato anche la capacità dei poeti di mettersi a nudo totalmente senza autocelebrarsi né barare. Anche perché in poesia, si sa, non è possibile barare. Né con se stessi né con gli altri. Nella poesia non c’è fiction (a differenza di quanto sostiene Mannuzzu. Ma lui è un romanziere più che un poeta, e si sa, quando un narratore si mette a poetare non si sa dove si va a parare: la parola suona forzata, figlia della tecnica più che dell’intuizione. Della testa più che dell’animo. A meno che non abbia esordito come poeta, vedi Houellebecq).

Altrettanto inattesa è stata la capacità del pubblico di stare in ascolto dei poeti silenziosamente. Come quando si sta in attesa che accada qualcosa di ignoto e misterioso. Un dialogo a volte silenzioso a volte parlato, ma sempre all’insegna dell’apertura e del confronto, dello scambio gratuito. L’attesa non è mai vana.

Durante gli incontri l’esperienza poetica si è incrociata con quella di vita. Sino a un culmine, quello della testimonianza. E dell’assunzione della responsabilità della parola. Che ha senso in quanto vissuta. Ma mentre la testimonianza è personale (da non confondere con soggettiva), la responsabilità poetica è sociale. Questo per dire che gli incontri hanno infranto lo stereotipo del poeta come persona con la testa-tra-le-nuvole, e la poesia come parola avvitata su se stessa, chiusa in un intimismo spesso pessimistico (alla Lucio Battisti, per intenderci), ostinatamente astratta dalla realtà. A dire il vero, non ci siamo nemmeno posti la questione di un tale luogo comune.

Incontro con Boucar Wade - Circolo dei lettori di Elmas
Incontro con Boucar Wade

E’ stato così che abbiamo aperto – quando possibile – ogni incontro con l’intervento di Boucar Wade, latore quindi testimone di un’esperienza di migrazione che oggi preferisco collocare in una visione di erranza (anche culturale). Ascoltare la poesia di Boucar è apprendere e conoscere più da vicino la cultura dell’altro. Soprattutto dell’altro senza ulteriori connotazioni borghesi (di razza, di stato, di nazione, di identità, di accademie) nella consapevolezza che l’altro sono io per dirla con Rimbuad.
E nella speranza di suscitare e alimentare questa consapevolezza.

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