15 Novembre 2025
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Sa notti de s’unda

Nella notte tra il 26 e il 27 ottobre 1946, quella che gli anziani sopravvissuti di Elmas e di Sestu, ormai pochi, chiamano Sa notti de s’unda, una terribile alluvione si abbattè sui due paesi e su altri centri del campidano meridionale. Nella via Sestu a Elmas, per lo straripamento del Rio Matzeu, l’acqua raggiunse i 4 metri di altezza. A Elmas i morti furono 21, a Sestu 9.

Le immagini sbiadite e i titoli dei giornali dell’epoca richiamano la tragedia: nella foto ingiallita che apre il racconto, si notano, schiantati disordinatamente in terra come fuscelli, un tavolo, unu parastaggiu, cassetti, la rete di un letto, una corbula, poveri averi che erano all’interno di una casa distrutta e di cui resta un muro di ladiri diroccato. Altre case mostrano le ferite inferte da S’unda manna. Nella foto, si notano tre uomini e una donna che, sgomenti, sembrano intenti a recuperare qualcosa tra le macerie, e sullo sfondo un bambino che osserva smarrito la distruzione che si trova davanti.

L’Unione Sarda: 28 ottobre 1946

È la visibile e catastrofica conclusione di quanto è successo nello piovosa notte tra  il 26 e il 27 ottobre del 1946. Sono le 22 circa quando il Rio Cannas (rio Sestu) ingrossato dalle acque dei torrenti che provengono dalle lontane valli collinari del Serpeddì, straripa nell’abitato di Sestu, provocando enormi danni, e qualche vittima. Poi sfocia nel Rio Matzeu, che, in piena, scende troppo velocemente verso Elmas. Sono le 23.30 circa, in paese è buoi pesto, piove e il temporale sconquassa l’aria con tuoni e fulmini. La pioggia è incessante. Il Rio Matzeu ha già impattato il ponte della statale Cagliari – Monasir e lo scavalca, i parapetti e i tubi di scarico del ponte non reggono e vengono travolti, frammenti di frasche e asfalto alimentano la furia dell’acqua limacciosa. Pochi dormono, la via Sestu è già allagata, e cresce in altezza. L’acqua scorre veloce verso lo Stagno, ma ristagna perché la laguna non riesce nell’immediato a reggere l’enorme afflusso. Qualcuno già si è rifugiato nei tetti delle case, molte delle quali crollano, qualche altro nel sagrato della Chiesa lievemente rialzato rispetto al piano di campagna.

La notte è lunga, voci concitate si rincorrono, soprattutto dei bambini che chiedono aiuto, soffocate dal boato dell’acqua che scorre, e dal fragone della pioggia.

Alla luce livida dell’alba si cercano gli scomparsi, si osserva sgomenti quanto è rimasto delle case. I morti saranno poi 21, tutti li conoscono perché Elmas è un piccolo paese di neanche 3000 abitanti.

Io ho sentito il racconto della signora Luigina Farris, di suo marito Ettore Tocco e della loro figlia Gemiliana, che aveva allora tre anni. In quella notte persero il loro bambino, Antonio, di quattro mesi, la più piccola vittima de S’unda manna. I ricordi sfumano e la memoria li seleziona, come un estratto di parole e immagini, ma anche a distanza di anni, ricordo come nei giorni di ottobre, e nell’approssimarsi del 26, se la pioggia si faceva intensa e il cielo oscuro e minaccioso, in paese circolava la voce “Parit sa notti de s’unda”…

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