15 Novembre 2025
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“Sardegna di carta, guida letteraria dell’isola” di Alessandro Cadoni (Il Palindromo, 2024)

Non sono molti i manuali di Storia della Letteratura della Sardegna degli ultimi due secoli. Segnalo “Storia della Letteratura in Sardegna” di Paola Pittalis (Della Torre, 1998, e  “In presenza di tutte le lingue del mondo. Letteratura sarda” di Giuseppe Marci (Cuec, 2006).  Il libro di Alessandro Cadoni, ricercatore in Letteratura contemporanea presso l’Università di Sassari, è utile e interessante: non è un manule né un’antologia che fa un meccanico elenco cronologico degli autori che ne hanno scritto, sardi e non sardi. Piuttosto mette in relazione luoghi e autori, spesso travalicando confini geografici e temporali.

Come dice il titolo, le città e i paesi della Sardegna sono di carta perché rappresentate in forma letteraria dagli scrittori, ma si fanno vive, perché quei luoghi sono stati e sono abitati da donne e uomini, e il lettore, se si lascia coinvolgere, con loro attraversa vicoli e strade, paesaggi montuosi e di pianura, e il mare  è sempre presente con la sua ambiguità secolare tra insularità e contaminazione. La contaminazione poi nel libro si manifesta spesso con l’andare oltre la forma del genere letterario e aprirsi verso altre forme d’arte, secondo un approccio culturale globale.

Nel libro si colgono due punti di vista, uno esterno, di come gli altri, gli scrittori che vengono  dal mare, vedono la Sardegna, e uno interno, di come gli scrittori sardi hanno raccontato e raccontano della loro isola e dunque di se stessi.

Uno per tutti: David Herbert Lawrence, quando nel 1921 visitò la Sardegna in compagnia di sua moglie Frieda Von Richtofen, scrive di Cagliari al suo arrivo dal mare “E improvvisamente ecco Cagliari: una città nuda che si alza ripida, ripida, dorata, accatastata nuda verso il cielo dalla pianura all’inizio della profonda baia senza forme. È strana e piuttosto sorprendente, per nulla somigliante all’Italia. La città si ammucchia verso l’alto, quasi in miniatura, e mi fa pensare a Gerusalemme: senza alberi, senza riparo, che si erge spoglia e fiera, remota come se fosse indietro nella storia, come una città nel messale miniato da un monaco. Ci si chiede come abbia fatto ad arrivare là. Sembra la Spagna, o Malta: non l’Italia.” È uno dei brani più celebri del suo diario di viaggio, pubblicato nello stesso anno col titolo di Sea and Sardinia, poi tradotto in varie edizioni come Mare e Sardegna. Cadoni ne sottolinea la sottigliezza della decrizione “Il suo avvistamento da lontano, dal mare, ispira al prosatore inglese un’istantanea destinata a divenire classica”. Lawrence attraversa, in treno verso Mandas, un frammento di Sardegna, acuto osservatore di paesaggi, usi e costumi, ma definirne l’essenza è un’illusione, come è capitato, dopo di lui a Vittorini, con “Viaggio in Sardegna” che divenne nell’edizione definitiva “Sardegna come infanzia”,  e come lui Cardarelli, che scrisse delle rime citando “l’incanto del Limbara”,  e Piovene, nel suo monumentale Viaggio in Italia , e D’Annunzio, o Soldati, che, nel suo viaggio enologico, è alla ricerca dei vini sardi, simbolo di identità e di evoluzione in atto, e ancora Carlo Levi, in “Tutto il miele è finito”.

Si tratta di autori novecenteschi, su alcuni dei quali l’autore tormerà nel corso del saggio, ed è un peccato, dice Cadoni, che per ragioni di spazio non ci si possa soffermare sugli autori dell’Ottocento, tra tutti Alberto La Marmora e Valery.

Il libro è corredato da una mappa e Cadoni ne spiega il senso “Questa mappa letteraria non può contenere per intero tutti i riferimenti letterari contenuti nel libro e non pretende di essere esaustiva nei riferimenti riportati in legenda: essi costituiscono una selezione dei luohi chiave delle opere rievocate in queste pagine”

I luoghi sono forse la chiave per sfuggire al demone dell’identità e delle radici. Salvatore Mannuzzu così scrive nel suo magistrale saggio non a caso intitolato “Finis Sardiniae, o la patria possibile”, pubblicato a chiusura della “Storia d’Italia Einaudi, le Regioni dall’Unità a oggi” (a pagina 1238): “Se il tema è il lutto delle radici, la Sardegna offre un esempio di non comune levatura, lo si è detto, con Il giorno del giudizio di Salvatore Satta. Libro nel quale il luogo centrale del mondo è Nuoro; e il luogo centrale di Nuoro è il suo cimitero; e i vivi sono tutti morti”… e ancora “Per esempio la Sardegna: o quel che ne rimane, il Finis Sardiniae. Che sia il luogo e non un luogo”. Così le minuscole storie si incrociano alla Storia maiuscola.

Il libro di Alessandro Cadoni è un libro di luoghi e relativi rimandi letterari: Nuoro come la vedono Grazia Deledda, Salvatore Satta, e prima di loro Sebastiano Satta e Dessanai, e i contemporanei Fois, De Roma, Offeddu e altri; Sassari come la vedono  Mannuzzu, Costa, Capitta. E se poi se andiamo al Capo di sotto, Cagliari: il luogo di Dessì, di Sergio Atzeni, di Giorgio Todde, di Giulio Angioni, di Abate, la città d’acqua di Clarkson, quella degli Ski-lellè di Tognolini…il Sinis di Michela Murgia.

Cadoni, che è uno studioso di Mannuzzu (vedi “Il fantasma e il seduttore. Ritratto di Salvatore Mannuzzu” Donzelli, 2017) ne riporta un pensiero da un intervista del 2006: “Ciò che mi fa scrivere è il rischio dell’atopia, della perdita dei luoghi. C’è differenza tra questo rischio e l’atopia totale…La cosa che davvero mi preme, mi preme e mi angoscia, è il logorio dei luoghi, la loro progressiva perdita. La casa che invecchia, la casa che crolla, il degradarsi delle cose, sono correlativi oggettivi di altro”

Rinvio al libro per i tanti scrittori non citati e relativi frammenti delle loro opere, ispirati dai luoghi in cui hanno vissuto, vivono, o hanno visitato.

 

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