Angeli
Nella società delle immagini le foto, i quadri e le loro suggestioni vengono prima delle parole scritte. Così nel sito di Equilibri. E qualche giorno fa, aprendo il sito, la foto in primo piano del quadro di Klee, posta in evidenza alla poesia, bella e terribile, di Gabriele Soro, si è affiancata alla foto che appare in home page poco più sotto (“Il bambino di Varsavia”). È certo una casualità, forse una forzatura della fantasia, ma colpiscono le somiglianze tra i protagonisti: entrambi hanno le piccole mani rivolte verso l’alto, entrambi richiamano gli angeli, perché nella tradizione essi hanno il volto dei bambini, ma l’uno, immortalato dall’arte, ha gli occhi spalacati nel vuoto, i boccoli incorniciano il capo, e la bocca spalancata, l’altro ha gli occhi rivolti verso il basso, un viso che anticipa il pianto e testimonia la paura, mentre la donna che gli sta a fianco (la madre?) sembra volgere lo sguardo ai soldati tedeschi quasi a voler dire “Non vedete che è un bambino?” E furono i tedesci stessi a fare la foto a testimoniare il loro “buon lavoro”.
Entrambi sono un richiamo alla crudeltà della storia, “Non c’è redenzione”, dice Gabriele nella poesia, scritta proprio nel lunedì dell’angelo, facendo trapelare tutto il suo pessimismo verso ogni ottimistica visione di progresso salvifico. L’ Angelus Novus di Klee, secondo la celebre interpretazione del quadro di Walter Benjamin, il grande intellettuale tedesco di origini ebraiche morto suicida a Port Bou (Catalogna) il 26 settembre 1940, per non cadere nelle mani dei nazisti, ha il viso rivolto al passato, le cui macerie lo perseguitano, ma la tempesta del progresso lo proietta verso il futuro, quasi che esso possa fare a meno di quanto è successo e succede.
Ancora immagini: ha fatto il giro del mondo la foto di Samar Abu Elouf, nominata fotografa dell’anno del World Press Photo 2025. La foto, che non può essere pubblicata perché soggetta a diritto d’autore, cattura i nove anni di Mahmoud Ajjour, a cui sono state amputate le braccia a seguito di un attacco dell’esercito iscraeliano a Gaza nel marzo del 2024.
“Pensavo di essere semplicemente caduto. Ma mi sono ritrovato a terra, esausto, a chiedermi cosa fosse successo”, ha raccontato ad Al Jazeera. “In realtà, un braccio “è volato via, e l’altro è volato e caduto proprio accanto a me”, ha aggiunto”. Nello shock del momento il bambino non si era reso conto di quanto gli era accaduto. Era stato poi operato senza anestesia perchè a Gaza non arrivano gli aiuti umanitari e sono carenti le attrezzature mediche. La fotografa ha raccontato che il bambino, ripresosi dall’intervento abbia detto alla madre “Come farò ad abbracciarti?”
L’Angelo della Storia è ancora tra noi e le immagini rimandano alle parole, sempre attuali, di Leopardi che nella Ginestra “Dipinte in queste rive/ Son dell’umana gente/Le magnifiche sorti e progressive”.
Ho letto e riletto il tuo articolo, “Angeli”, pubblicato sul nostro sito. Il paragone con “Il bambino di Varsavia”, vero e proprio angelo della storia. Con sintesi efficace hai ripreso anche l’interpretazione del quadro di Klee che ne fece Walter Benjamin.
E poi l’attualità terribile: ha fatto il giro del mondo l’immagine di Mahmoud Aijour. Bambino palestinese di nove anni che una bomba israeliana gli ha maciullato entrambe le braccia. Poi amputate senza anestesia tra le macerie di ciò che restava d’un ospedale.
Mahmoud ha un viso severo e dignitoso, ma (così mi sembra) sorprendentemente sereno (che non ti aspetti), che guarda, forse con speranza, un suo futuro. Piccole e fragili increspature di speranza che anche noi dovremo cercare di captare? Il viso di questo bambino è, comunque, una severa lezione anche per il mio pessimismo.