Presso le rovine di Bithia
Avverto nell’aria una sorta
di brusìo, di voci bisbigliate
miste al suono del mare,
voci risalite dai millenni.
Sono i temibili Shardana
signori dell’onda e del vento,
d’improvviso all’orizzonte;
e i marinai Fenici
dal Libano lontano,
usi a scrutare il volo degli uccelli
figurandosi segni d’alfabeti;
e i Cilici pirati dalle vesti
ruvide rapidi nell’assalto. E altri
dispersi giù lungo l’abisso del tempo.
Stirpi asiane di Ur ed Uruk,
che furono città mesopotamiche,
e qui ancora risuonano
nei nostri diffusi toponimi in Ur…
I Popoli del Mare:
ammutoliscono al loro passaggio
le ferali Sirene.
(Nel mezzo di queste acque,
terra d’approdi
e di partenze, l’Isola di Nur
scabra e compatta.
Disseminata di possenti torri
dove è chiuso un silenzio ancestro e sta
tumulata la lingua dei nuragici…)
Genti del mare:
le sento nella cresta
dell’onda che rompe l’azzurro,
le sento presenze diffuse
nel soffio salato.
Indugiano poi per un poco
qui attorno divenendo un silenzio
sospeso nelle tempie.
Stanno dentro il respiro
di questo mare.
E sta qui Bithia maceria ed impronta
d’un tempo assai remoto
-Affiora dalle sabbie tra forti arbusti
nel rialto sulla rada di levante,
mentre la parte franata traspare
sommersa nell’approdo di ponente…
Sosto in un chiosco
nell’ora sospesa della sera:
bevo una birra dorata alla salute
di quegli antichi e intanto
mi accorgo che è sorta la luna.
Bella poesia, quella di Gabriele. In essa si colgono tratti profondi della nostra identità, proprio quella identità che più volte abbiamo razionalmente contestato quando si fa dato immobile, fisso nel tempo, al massimo collocabile nella sfera del folklore, che comunque è cosa seria…(Gramsci), o ancora prodotto da réclame turistico, perché noi siamo prodotti della storia che continuamente si evolve. Eppure nei “nostri” luoghi ci sentiamo bene, a nostro agio, avvertiamo il senso del tempo, le sue stratificazioni, le sue fratture, i popoli che si sono succeduti. Possiamo chiamarli, come dice Leopardi, rimembranze? Oppure archivi della memoria, che ci aiutano ad orientarci nel presente in continuo e contradditorio mutamento.